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Il presidente Napolitano è giunto all'ora del fatidico pronunciamento. Chi sarà il presidente del consiglio incaricato? Di solito lo vediamo dietro la scrivania del Quirinale, assiso tra affreschi e ripiani di noce intarsiato, ma stavolta è in piedi, misticamente illuminato da raggio di luce che piove da un'alta finestra. Il momento è grave, nelle vene ottuagenarie scorre il sangue dei padri della Patria, si tratta di un'investitura solenne e densa di responsabilità storiche che vibrano di senso istituzionale. "Nel conferirle l'arduo incarico - pronuncia con la consueta prosa parlamentare - consapevole della difficile congiuntura politica ed economica, le porgo un sincero augurio perché sappia costituire un governo in grado di dare al Paese le urgenti risposte che necessita". Il presidente sorride e tende la mano per congratularsi con il candidato premier. L'inquadratura si allarga e lo vediamo di fronte ad un grande specchio dalla cornice dorata: il presidente ha incaricato il presidente!
In prima battuta vi fu una certa confusione, i segretari di partito presi in contropiede balbettarono in tivù dichiarazioni contrastanti, ma non apertamente negative. Casini raggiante si slacciò la cravatta e a Maroni si appannarono gli occhiali. Vendola vide nel bi-presidente un sottinteso riferimento alle unioni gay e Berlusconi fu colto da una paresi ridens. Beppe Grillo invece fu chiaro: annunciò il sacco di Roma convocando lanzichenecchi via twitter, ma ci fu confusione sull'autogrill scelto per il raduno e non se ne fece nulla. Verso sera un paio di costituzionalisti ammisero che la decisione di Napolitano non era campata in aria, anzi aveva concrete fondamenta nella lex imperialis di Ottaviano e siccome la Borsa dava segnali positivi e lo spread continuava a calare si decise di attendere il giorno dopo. E il doppio presidente Napolitano non si fece attendere. Di prima mattina convocò le telecamere per annunciare il nuovo governo. "Ministro degli Interni, Giorgio Napolitano; Ministro dell'Economia Napolitano Giorgio" e via così. Un elenco monotono forse, ma capace di raccoglie vasti consensi dentro e fuori il Parlamento. Una delegazione della Corea del Nord giunse addirittura in visita di studio.
I problemi di governabilità e le annose beghe di partito erano finalmente accantonati per una guida unitaria e salda, a tutti i livelli. Grazie infatti a sofisticate tecniche di copisteria, ogni Comune ebbe il suo Napolitano da affiggere in municipio e al quale rivolgersi per le pratiche più spinose. Non trascorsero neanche due settimane e con il beneplacito della Bce, auspicato dalla Germania, si passò dall'euro al Napolitaner: moneta meno pretenziosa e più rispondente ai valori reali del Paese.
Sette anni dopo quel fatidico giorno non possiamo che plaudire alla felice intuizione presidenziale, capace di oltrepassare una crisi istituzionale che rischiava di frantumare la Repubblica. E così mentre attendiamo il responso dall'urna del Cern sulla riclonazione del presidente Napolitano ascoltiamo il suo più recente inno: Fardelli d'Italia.