mercoledì 24 aprile 2013

Napoli-nightmare




Il presidente Napolitano è giunto all'ora del fatidico pronunciamento. Chi sarà il presidente del consiglio incaricato? Di solito lo vediamo dietro la scrivania del Quirinale, assiso tra affreschi e ripiani di noce intarsiato, ma stavolta è in piedi, misticamente illuminato da raggio di luce che piove da un'alta finestra. Il momento è grave, nelle vene ottuagenarie scorre il sangue dei padri della Patria, si tratta di un'investitura solenne e densa di responsabilità storiche che vibrano di senso istituzionale. "Nel conferirle l'arduo incarico - pronuncia con la consueta prosa parlamentare - consapevole della difficile congiuntura politica ed economica, le porgo un sincero augurio perché sappia costituire un governo in grado di dare al Paese le urgenti risposte che necessita". Il presidente sorride e tende la mano per congratularsi con il candidato premier. L'inquadratura si allarga e lo vediamo di fronte ad un grande specchio dalla cornice dorata: il presidente ha incaricato il presidente!

In prima battuta vi fu una certa confusione, i segretari di partito presi in contropiede balbettarono in tivù dichiarazioni contrastanti, ma non apertamente negative. Casini raggiante si slacciò la cravatta e a Maroni si appannarono gli occhiali. Vendola vide nel bi-presidente un sottinteso riferimento alle unioni gay e Berlusconi fu colto da una paresi ridens. Beppe Grillo invece fu chiaro: annunciò il sacco di Roma convocando lanzichenecchi via twitter, ma ci fu confusione sull'autogrill scelto per il raduno e non se ne fece nulla. Verso sera un paio di costituzionalisti ammisero che la decisione di Napolitano non era campata in aria, anzi aveva concrete fondamenta nella lex imperialis di Ottaviano e siccome la Borsa dava segnali positivi e lo spread continuava a calare si decise di attendere il giorno dopo. E il doppio presidente Napolitano non si fece attendere. Di prima mattina convocò le telecamere per annunciare il nuovo governo. "Ministro degli Interni, Giorgio Napolitano; Ministro dell'Economia Napolitano Giorgio" e via così. Un elenco monotono forse, ma capace di raccoglie vasti consensi dentro e fuori il Parlamento. Una delegazione della Corea del Nord giunse addirittura in visita di studio.

I problemi di governabilità e le annose beghe di partito erano finalmente accantonati per una guida unitaria e salda, a tutti i livelli. Grazie infatti a sofisticate tecniche di copisteria, ogni Comune ebbe il suo Napolitano da affiggere in municipio e al quale rivolgersi per le pratiche più spinose. Non trascorsero neanche due settimane e con il beneplacito della Bce, auspicato dalla Germania, si passò dall'euro al Napolitaner: moneta meno pretenziosa e più rispondente ai valori reali del Paese.

Sette anni dopo quel fatidico giorno non possiamo che plaudire alla felice intuizione presidenziale, capace di oltrepassare una crisi istituzionale che rischiava di frantumare la Repubblica. E così mentre attendiamo il responso dall'urna del Cern sulla riclonazione del presidente Napolitano ascoltiamo il suo più recente inno: Fardelli d'Italia.

giovedì 18 aprile 2013

D. D. dopo il default



Interrompiamo le visioni per una urgente comunicazione dal deserto del reale



Figliolo, sganciati un attimo da quegli ologrammi animati e dai un'occhiata fuori dall'oblò: una volta questa era l'Italia! Guarda laggiù, tra le spiagge delle coltivazioni di branzini e gli appennini livellati dalla transcontinentale africana si nota ancora la sagoma di un vecchio stivale, non vedi? Lo chiamavano Belpaese perchè in passato è stato la culla di fiorenti civiltà, il centro di un grande impero e patria di molti artisti. Sì, lo so che sai già tutte queste cose, sono nel data base di storia, ma forse non conosci tutto quello che è accaduto nel P.D., Prima del Default. Che poi è la ragione che ci ha portati qui. Era un periodo di grande confusione, l'economia del Paese boccheggiava, la politica più che risolvere creava problemi e lo scontento sociale ribolliva. Intanto il debito pubblico cresceva e lo Stato firmava "pagherò" a tassi di interesse sempre più alti sotto gli sguardi preoccupati dell'Unione europea. Le ennesime elezioni non fecero chiarezza: in Parlamento finirono conservatori, riformisti e rivoluzionari.

Tre forti espressioni della volontà popolare però incompatibili, era come cercare di mescolare acqua e olio: non si trovava una formula stabile di governo. Serviva una personalità super partes in grado di raccogliere un ampio consenso, dentro e fuori il palazzo. Esauriti gli usurati candidati istituzionali, il presidente uscente giocò l'ultima carta disperata chiamando in causa un personaggio extra politico sulla breccia della popolarità da decenni, sinonimo di giustizia sociale e simpatia. Fu così che venne convocato il Gabibbo e le Camere finalmente non ebbero nulla da obiettare, consegnandogli un mandato di piena fiducia. Del resto l'ombra delle inchieste di capitan Ventosa incombeva sugli eventuali oppositori. Il primo passo non fu, come auspicato dal ministro dei Beni culturali Claudio Bisio, l'invasione della Svizzera per riguadagnare i capitali fuggiti, ma una proposta di resa incondizionata al Vaticano. Proposta che Papa Francesco declinò gentilmente: bueno, sono per una Chiesa povera, ma non fessa.

Il Trio Medusa, delegato alla Giustizia, avviò una lotta senza quartiere all'evasione abolendo la vetusta Guardia di finanza per istituire il Corpo delle Veline: gli evasori si abbandonavano in confidenze fiscalmente compromettenti davanti a un drink in compagnia di belle ragazze. Il quadro riformatore si completò con l'elezione del nuovo presidente: Paolo Villaggio, in arte Ugo Fantozzi, che pur incarnando lo spirito abbacchiato del Paese da buon ragioniere poteva far valere un solido titolo di tecnico. E il pezzo di carta sortì il suo effetto quando, presentatosi in Germania nelle vesti del professor Kranz, paventò una guerra dei bretzel (tipici salatini alsaziani) ottenendo da una Merkel intimorita la calmierazione dello spread. L'Italia però doveva continuare il cammino per l'azzeramento del deficit e la soluzione fu radicale: la repubblica venne trasformata in società per azioni e i cittadini in qualità di azionisti si dovevano accollare quote di debito da smaltire. I venditori più capaci si manifestarono al Sud e al Centro: ignari magnati russi acquistarono fontana di Trevi, Colosseo e Pompei per fantastilioni di rubli per poi accorgersi che si trattava di riproduzioni in miniatura. Intanto Benigni, impegnato in un tour mondiale per la promozione della cultura tricolore, vendeva copie della Divina Commedia autografate da un tale Domenico Alighieri. Anche l'economia riprendeva a girare con l'introduzione di nuovi modelli Fiat di auto a pedali: risparmiose e tonificanti.

Ma un imprevisto rovinò tutto: il premier Gabibbo morso dal suo tapiro fu preso dalla febbre e dichiarò che l'Italia sarebbe uscita dall'euro per tornare al sesterzio. Era di nuovo il caos. Fortunatamente un commercialista in pensione in visita all'osservatorio astronomico di Brembate Sopra capì che la sequenza armonica della pulsar nella nebulosa del Granchio non era un fenomeno naturale ma una precisa opa - un'offerta di pubblico acquisto in linea con i canoni della Consob - e comunicò la sua scoperta alla ministra delle Comunicazioni Maria De Filippi. Dopo una breve trattativa si arrivò all'accordo per il noleggio del Paese: cinque anni in cambio del ripianamento dei debiti. Scoprirono troppo tardi che si trattava di cinque anni galattici. Adesso preparati per l'atterraggio, a Roma non si trova mai un posto per l'auto, figuriamoci per un disco volante.

"Cloud dragon" foto by Kyl