sabato 22 giugno 2013

L'Italia che non c'è

C'è uno spettro che si aggira per l’Europa. Non è più il comunismo, è l’Italia. Te ne accorgi quando vai all’estero e alla dichiarazione di nazionalità corrisponde uno sguardo compatito: oh, italiano... Con una sospensione che ti comunica il senso di partecipazione alla malattia di un parente o all’incendio della casa. In effetti la casa Italia sta bruciando e la colonna di fumo non si può più spacciare per un rogo di sterpaglie.

Sulle pagine dei giornali esteri le "cose di casa nostra" trovano spazio solo nella sezione amenità e stranezze, insomma il circo dei freaks. Le mozzarelle adulterate e la "bomba" dei rifiuti abbandonati in strada, i processi di Berlusconi e le follie del debito pubblico. Il tricolore fa capolino solo nelle pagine sportive dove si documentano le alterne fortune degli azzurri e i piazzamenti delle Ferrari.

Lo spettro dell’Italia nell’ottica straniera si è ristretto ad un pulviscolo di marchi e sigle: Leonardo e Versace, Raffaello e Lamborghini, Dante, Dolce e Gabbana. Ma dietro le griffe quell’italiano indolente e genialoide pare scomparso. Nelle vecchie barzellette a sfondo europeo ogni nazione aveva il suo stereotipo: il tedesco ottuso, il francese snob, l’americano spaccone contrapposti a un italiano malandrino e brillante. Immagini del passato sbiadite nel calderone della globalizzazione. Lo si deduce dai sorrisi di maniera dei leader del G8 quando stringono la mano al nostro giovane premier che pare un candidato agli esami di riparazione. Ci parli dell’Italia: chi era costei?

From L'ECO di BERGAMO