giovedì 15 maggio 2014

Piccoli incubi con gli amici al cinema dell'oratorio

Mentre ci lascia un grande creatore di incubi quale H. R. Giger, accogliamo la nuova versione americana di Godzilla. Qui di seguito un ricordo intarsiato dei tanti sogni della nostra prima cinefilia.


Grida di incitamento durante la carica dei «nostri», schiamazzi al momento del bacio tra l’eroe e la bella , battute anticipate ad alta voce mentre bottigliette di gazosa sfuggite rotolavano verso le prime file. Il tutto con sottofondo sgranocchiante patatine e cigolii di sobbalzanti sedili di legno.

Scene e musica dai cinema oratoriali a cavallo degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, magazzini riattati alla pubblica visione, sale di proiezione ricavate in minuscoli soppalchi. Gli stordimenti sensoriali del dolby surround e dell’HD erano lontane milioni di chilometri di pellicola, ma ai giovani spettatori di allora bastava un lenzuolo bianco per vivere la magia del cinema. In questa atmosfera da salotto casalingo «allargato», le folte platee degli imberbi si godevano il rito pomeridiano del grande schermo a prezzo popolare.

Erano programmazioni miste dove l’avventura regnava sovrana spaziando dai colossal biblici agli spaghetti western, dalle produzioni della Disney ai classici della fantascienza. E in questo filone ad alto tasso di mistero e farloccherie l’ appuntamento con l’esotico Godzilla non mancava mai. Fumiganti astronavi razziformi, carri armati telecomandati, costumi alieni con mantelle catarinfrangenti e corazze in carta d’alluminio. E poi mini vulcani in eruzione pirotecnica, dighe di compensato frantumate come biscotti, terremoti ogni 15 minuti con trenini deragliati e il tradizionale ponte schiantato con le macchine che scivolano nel vuoto. Una sinfonia dell’apocalisse che aveva come solista indomabile il lucertolone radioattivo, spettacolare nell’emersione con strepiti dalle acque della baia di Tokyo come una venere degli orrori. A lui spettava la vittoria finale dopo peripezie che coinvolgevano i comprimari umani (scienziati, giornalisti, poliziotti, astronauti e studenti di prima media) reclutati per la suprema battaglia che aveva in palio la salvezza del Giappone o della civiltà umana, in ordine di importanza.

Storie prive di tempi morti, dai dialoghi minimali si «strappava» sulle esplosioni nelle metropoli causate dal nefando avversario di turno. Godzilla, in un escalation da torneo di wrestling, si prodigava in estenuanti scontri con mostri di pari categoria senza esclusioni di colpi... di coda. La catastrofe era così palesemente fasulla da apparire accettabile: un gioco dove l’incredulità non solo era sospesa, ma svolazzava come le squadriglie di jet a filo-propulsione.