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C'è agitazione nella mia vecchia casa, una villetta a schiera nella periferia di un paese di provincia. Il semplice ritrovo della mia cerchia di amici e conoscenti si anima per una esibizione eccezionale: Santana e Woody Allen. Rock, jazz e cinema in un colpo solo. Lui in giacca di pelle senza maniche e camicia dai colori sgargianti, imbraccia già la chitarra e quieto discorre con dei ragazzotti del suo entourage. L'altro indossa una maglietta a mezze maniche e tiene a distanza gli ammiratori lanciando sguardi interrogativi dietro le lenti dalla montatura spessa, non ha ancora estratto il clarinetto dala custodia.
Non so perchè siano arrivati o chi li abbia portati, ma un brivido di orgoglio mi percorre quando i vicini reclamano un posto per assistere all'esibizione. Ed ecco che per accontentarli i tecnici cominciano a lavorare per allestire un impianto nel giardino sul retro. Il ragionamento è valido: c'è più spazio rispetto al salotto e la gente può ascoltare affacciandosi dalle finestre dei palazzi. Ma è già sera e all'improvviso per facilitare il lavoro di questi roadies spuntati da chissà dove, appare il cono di luce di un enorme riflettore montato direttamente sul tetto di una delle villette confinanti.
Sono agitato, un incontro tra amici si sta trasformando in una piccola Woodstock sotto i miei occhi. E poi sento che dovrei intervistare i protagonisti per realizzare una sorta di scoop, ma devo anche fare gli onori di casa e fingere di sovrintendere un'organizzazione che in realtà si muove senza il mio consenso, in piena autonomia. Tanto che all'improvviso la sede del concerto viene spostata nel giardino anteriore, sicuramente più spazioso. Facendo questo passa il tempo ed è già mattina inoltrata: l'aria è luminosa e calda, il prato risplende dei raggi del sole. Allen è molto tranquillo, aspetta come se fosse alla fermata del bus. Santana non ha mollato la chitarra, quasi fosse lì per sparare un assolo alla prima provocazione. Sbuffa, forse ha sete mi dico e corro in casa a prendere dell'acqua e un bicchiere di vetro. Quest'ultima penso sia una finezza che non passerà inosservata.
Dal frigo prendo una bottiglia e la porgo dalla finestra a uno dei giovani che stanno lavorando sul prato: in inglese gli chiedo se hanno bisogno d'acqua. Mi accorgo subito però che il tipo è italiano e lui in risposta mi invita a uscire di casa per dargli una mano. Apro la porta finestra e vengo incrociato da un altro giovanotto con gli occhiali da nerd. I due mi chiedono cosa penso di un fattaccio dell'anno scorso: tafferugli e diritti della donna. Ricordo qualcosa vagamente però capisco che questi due non c'entrano con il concerto, hanno l'aria di appiccicosi attivisti. Ringrazio e batto in ritirata tra le mura riconquistate.
Foto Kyl: Barcellona 2010 Waiting for the artists