MEMORIE E VISIONI
I siti internet dedicati allAnime nostalgia soccorrono la mia memoria claudicante indicando in Telemilano il primo canale a irradiare le gesta del Grande Mazinga. Non era uno dei canali principali, almeno nella mia zona, anche se le trasmissioni si captavano in maniera abbastanza nitida. I miei ricordi per immagini sono settati su una programmazione del primo pomeriggio: arrivavo a casa da scuola, il tempo di posare la cartella, lavarmi le mani e sedermi a tavola. E il Grande Mazinga era servito. Tra un piatto di spaghetti al tonno, un pezzo di formaggio e una fetta prosciutto cotto volavano pugni atomici rotanti e fendenti di spade diaboliche tra i ruggiti osceni di mostri guerrieri e i richiami di mia madre a staccare gli occhi dal televisore. Ma come? Come obbedire quando il richiamo della battaglia si levava così imperativo: Maazinga fuori! Agganciamento! Pronti al combattimento!
Senza contare che ogni volta la contesa metteva in luce dettagli tecnici indispensabili alla conoscenza degli apparecchi e delle tecnologie che facevano marciare limpresa Mazinga srl. Dettagli preziosissimi per noi aspiranti eroi degli spazi e delle future guerre a difesa dellumanità. Sì perchè lavvento del Grande Mazinga, baluardo cibernetico alle mire di conquista del Regno delle tenebre, non faceva che palesare il precario equilibrio su cui si poggiava la nostra civiltà. Parliamo di un mondo diviso in due blocchi che possiamo sintetizzare come loccidente capitalista americano e il sistema comunista, nelle varianti del soviet russo e del socialismo popolare cinese. Una divisione che si rifletteva nella condizione particolare del nostro Paese - strategico Stato cuscinetto dirimpettaio degli accoliti del Patto di Varsavia - gettando ombre inquiete sulla nostra vita quotidiana: la famiglia, la scuola, i giochi. I giovani che varcavano la soglia degli anni Ottanta condividevano la sottile consapevolezza di vivere unetà privilegiata, lo stadio di benessere più diffuso ed elevato raggiunto dallhomo sapiens: unera di pace relativa, indirizzata alla comunicazione globale, consacrata alla mobilità privata tramite auto alla portata di tutti, arresa ormai al consumismo metropolitano veicolato dalla pubblicità di massa, ma non ancora dimentica dei sogni ad occhi aperti rappresentati dalle passeggiate sulla Luna e dagli scudi stellari. Un contesto euforico per i grandi progressi scientifici del genio umano e contemporaneamente di grande fragilità a causa dellimbecillità collettiva. Ricordiamo che le tensioni - ancora oggi non sopite - del terrorismo (nazionale e internazionale), linquinamento ambientale - con la lancetta ormai in zona rossa - e lincubo dellolocausto nucleare erano gli sfondi inquietanti del nostro quotidiano preadolescenziale. La realtà adulta ci pareva carica di insidie epocali e il cammino del genere umano sempre più accidentato, o forse così lo percepivamo attraverso occhi e orecchie già saturi delle luttuose litanie dei tiggì e degli oscuri conciliaboli delle tribune politiche.
Ma va precisato che nella gioventù di allora non cera ombra di rassegnazione, quanto il sano desiderio di imporsi positivamente - pensate un po - per il bene di tutti sulle future difficoltà. Valeva il motto di Powell, il fondatore dei boy-scout: Sii preparato, benchè mutuato dai manuali delle Giovani Marmotte (sì proprio i nipotini di Paperino) e quindi non si consideravano gli ostacoli a venire come maledizioni ma come sfide che avrebbero segnato la nostra maturità.
Concetti che si erano radicati grazie alle frequentazioni televisive della Shado del comandante Straker o della tragica lotta per la sopravvivenza dei naufraghi del cosmo capeggiati dal comandante Koenig sulla lunare Basa Alpha.
Lavvento del Grande Mazinga ci mostrava un nuovo inaspettato fronte: giganti robot antropomorfi, loschi nemici dal sottosuolo che minavano la pace del Paese di Godzilla. Lattenzione al dipanarsi degli scontri con i mostri guerrieri allombra del Fuji era perciò una tappa fondamentale per la nostra formazione di giovani eroi.
Restare attaccati alla tivù per assistere alla quotidiana puntata della nostra lectio vitae va considerato come un obbligo morale più che un diletto. Del resto testi ufficiali sulla materia robotica del Sol Levante non esistevano, la pubblicistica nostrana era scarna e imprecisa, ci si doveva arrangiare prendendo appunti, tracciando nomi darmi e fisionomie cibernetiche, copiando ignoti kanji come sacri geroglifici dai poteri evocativi. Tutto sotto gli sguardi perplessi di genitori, il disappunto degli insegnanti e lo sberleffo dei fratelli maggiori. Che in definitiva non ci tangevano granchè: si sa bene che in patria - e in maggior misura sul suolo italico - nessuno è profeta... Soprattutto quando si erge a difesa dellumanità contro il Regno delle Tenebre. Maaazinga!
domenica 30 agosto 2009
Grande Mazinga: anniversario
sabato 29 agosto 2009
martedì 25 agosto 2009
Grande Mazinga: prima visione
Seconda parte
Un tv color era ancora una spesa non lieve per il budget di una famiglia monoreddito e non cerano certo finanziamenti a tasso zero o sovvenzioni per la rottamazione. Al massimo si ricorreva al classico cambialone iperannuale. E di sicuro in quegli anni se ne sono firmati parecchi a sonora smentita dei sostenitori dellinutilità della televisione a colori. Si ricordi che negli anni 60, mentre negli Usa e nel resto dellEuropa occidentale le trasmissioni tivù si tingevano darcobaleno, i nostri soloni casalinghi criticavano lennesima corsa al consumismo di massa, piazzando un durevole veto di fattura moralista alla diffusione delle nuova tecnologia. Così forse le famiglie hanno evitato eccessivi indebitamenti, ma ci siamo sorbiti anni grigi nel senso più letterale. I lampi di luce della beat generation, il carosello divampante della stagione psichedelica, i patchwork falce e pastello dellimpegno politico, in Italia li vivemmo in differita... cromatica. Il colore era un privilegio per chi partecipava, per chi si tuffava negli eventi e se ne faceva protagonista. Gli altri - la massa degli spettatori - doveva accontentarsi dei prodotti che il ciclone della storia faceva approdare alle spiagge più lontane. Come la nostra ridente penisola. Nelle nostre lande la forza e le suggestioni della pop culture giunsero derivate e mediate attraverso gli echi delle copertine dei dischi e dei fumetti di Jack Kirby, delle roboanti suggestioni in technicolor di Woodstock e 2001: Odissea nello Spazio. Una montagna di materiale che, soprattutto per noi ragazzi, era pregiato combustibile di nuove fantasticherie da imprimere su carta spremendo fino allo stremo il set dei pennarelli Carioca.
Prima del sospirato tv color, nel tinello di casa mia troneggiava un avveniristico televisore cassonato di un bianco tipo guscio duovo che nelle mie fantasticherie sembrava uscito dalle scenografie di Spazio 1999: aveva gli angoli smussati e pareva un monitor capace di rivelare scorci di inedite dimensioni. La sua aura misteriosa però evaporava non appena lo si accendeva scoprendo il sorriso quieto di Nicoletta Orsomandi, storica signorina Buonasera. Altra particolarità dellapparecchio, in anni in cui il telecomando era un lusso fantascientifico, aveva i bottoni per la selezione dei canali in modalità soft touch: in pratica alla base dello schermo cerano dei circolini (forse sei in tutto), bastava appoggiarci il dito e magicamente si cambiava canale, senza click, senza pigiature. Con che procedimento ciò avvenisse era fonte di scarsi interrogativi, lattenzione degli imberbi spettatori era riservata alle meraviglie della parte superiore del media, al campo animato dove cannone catodico che ricomponeva con diligenza gli eventi che costituivano lordine del nuovo mondo. Una narrazione incessante, da Mille una notte, che curiosamente seguiva la scaletta dettata dalle pagine dei programmi di Sorrisi e canzoni.
sabato 15 agosto 2009
domenica 2 agosto 2009
Prima visione - parte prima
PRIMA VISIONE
Qualche anno fa ho recuperato il fatidico fumetto del Grande Mazinga, edizione della benemerita D/visual. Loriginale, il mio prezioso numero uno, per quanto gelosamente sigillato in busta di cellophane era andato smarrito chissà dove, forse vittima di qualche sbrigativo repulisti di mia madre (ahi, ahi che fretta cera, pulizie di primavera..). E sfogliando finalmente quella reliquia densa di ricordi ho ritrovato le immagini che mi avevano colpito: il robot che corre sulla spiaggia percossa dalla tempesta, il volo supersonico oltre lo schermo delle nuvole, dove si specchia il sole e poi ancora più su a raschiare il tetto delle stelle. E poi la discesa ardita, la tremenda picchiata con le vibrazioni del metallo, la pressione atmosferica contro quella sanguigna, i nervi e i muscoli del pilota che inseguono la risolutezza dellacciaio. Davvero una presentazione superba per Tetsuya e il Grande Mazinga. Non un formale biglietto da visita ma una fanfara possente, degna di scuotere le mura di Gerico.
E infatti una prima importante barriera era saltata: il cartone - inteso come anime giapponese di marca robotico-guerresca - non era più sotto legida esclusiva della Rai, non era più il prodotto danimazione proposto in un contenitore serale ad hoc, un cofanetto Sperlari di delizie esotiche come era capitato nellaprile del 1978 per lapripista Atlas Ufo robot. Il Grande Mazinga era la ventata del nuovo che soffiava impetuoso sulle molteplici frequenze delle televisioni private. Infatti dopo la sentenza sulla liberalizzazione delle frequenze - la tv non è più monopolio di Stato - dalle crepe nel colosso Rai era germogliata una foresta di canali che, fragili e baldanzosi, cercavano di mettersi in luce con palinsesti forzatamente (per via delle risorse) alternativi. Così il prodotto anime, che per la Rai (le polemiche sulla violenza dei cartoni giapponesi, in primis Goldrake, non erano ancora sopite, anzi stavano raggiungendo lapice) era troppo scomodo e pertanto il pacchetto poteva finire tranquillamente in mano a questo mercato televisivo minore e ma con maggiori margini di manovra sui palinsesti.
Una ricchezza fittizzia ma efficace, un fermento deregolamentato che prendeva forme e indirizzi cangianti a seconda della posizione geografica e della fortuita calibrazione delle antenne. In un baleno divennero temi familiari di conversazione le ricezioni e le proposte di Video Onda Nord, Telealto Milanese, Antenna Tre, Teleradioreporter, Antenna Nord. Emittenti private che trovavano posto e dignità nella decina (o sestina a seconda dei modelli) dei canali memorizzabili dagli apparecchi televisivi del tempo, oltre ovviamente che alla sacra terna della Rai.
Va rammentato che, sebbene la televisione a colori fosse stata sdoganata da qualche anno, nelle case di noi proletari/piccolo borghesi persistevano apparecchi limitati alla bicromia del bianco e grigio.