PRIMA VISIONE
Qualche anno fa ho recuperato il fatidico fumetto del Grande Mazinga, edizione della benemerita D/visual. Loriginale, il mio prezioso numero uno, per quanto gelosamente sigillato in busta di cellophane era andato smarrito chissà dove, forse vittima di qualche sbrigativo repulisti di mia madre (ahi, ahi che fretta cera, pulizie di primavera..). E sfogliando finalmente quella reliquia densa di ricordi ho ritrovato le immagini che mi avevano colpito: il robot che corre sulla spiaggia percossa dalla tempesta, il volo supersonico oltre lo schermo delle nuvole, dove si specchia il sole e poi ancora più su a raschiare il tetto delle stelle. E poi la discesa ardita, la tremenda picchiata con le vibrazioni del metallo, la pressione atmosferica contro quella sanguigna, i nervi e i muscoli del pilota che inseguono la risolutezza dellacciaio. Davvero una presentazione superba per Tetsuya e il Grande Mazinga. Non un formale biglietto da visita ma una fanfara possente, degna di scuotere le mura di Gerico.
E infatti una prima importante barriera era saltata: il cartone - inteso come anime giapponese di marca robotico-guerresca - non era più sotto legida esclusiva della Rai, non era più il prodotto danimazione proposto in un contenitore serale ad hoc, un cofanetto Sperlari di delizie esotiche come era capitato nellaprile del 1978 per lapripista Atlas Ufo robot. Il Grande Mazinga era la ventata del nuovo che soffiava impetuoso sulle molteplici frequenze delle televisioni private. Infatti dopo la sentenza sulla liberalizzazione delle frequenze - la tv non è più monopolio di Stato - dalle crepe nel colosso Rai era germogliata una foresta di canali che, fragili e baldanzosi, cercavano di mettersi in luce con palinsesti forzatamente (per via delle risorse) alternativi. Così il prodotto anime, che per la Rai (le polemiche sulla violenza dei cartoni giapponesi, in primis Goldrake, non erano ancora sopite, anzi stavano raggiungendo lapice) era troppo scomodo e pertanto il pacchetto poteva finire tranquillamente in mano a questo mercato televisivo minore e ma con maggiori margini di manovra sui palinsesti.
Una ricchezza fittizzia ma efficace, un fermento deregolamentato che prendeva forme e indirizzi cangianti a seconda della posizione geografica e della fortuita calibrazione delle antenne. In un baleno divennero temi familiari di conversazione le ricezioni e le proposte di Video Onda Nord, Telealto Milanese, Antenna Tre, Teleradioreporter, Antenna Nord. Emittenti private che trovavano posto e dignità nella decina (o sestina a seconda dei modelli) dei canali memorizzabili dagli apparecchi televisivi del tempo, oltre ovviamente che alla sacra terna della Rai.
Va rammentato che, sebbene la televisione a colori fosse stata sdoganata da qualche anno, nelle case di noi proletari/piccolo borghesi persistevano apparecchi limitati alla bicromia del bianco e grigio.
domenica 2 agosto 2009
Prima visione - parte prima
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