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L'ambiente è chiuso, grandi vetrate e linee di luce artificiale che contrastano le ombre serali. Sono in bilico su una corda di taparella stesa tra le due sponde di una piscina deserta. Più mi sposto e più affondo. Indosso un pigiama estivo di tela leggera che mi fa somigliare a un nottambulo Papillon. Sono quasi a metà del guado con i piedi a mollo e quasi convinto che presto dovrò sguazzare. Ma ecco che un tiepido abbraccio mi avvolge. E' una promessa di felicità che mi convince e mi tranquillizza. E' una divinità acquatica emersa da liquide profondità, come la custode lacustre della spada Excalibur. E' un momento di gioia e quasi mi dispiace scoprire che in realtà il fondale della piscina è soltanto una spanna più sotto: sono in una vasca per bimbi.
Il condominio dove sono ospite ha un ingresso come tanti ma dentro niente ascensore. Ai piani si arriva con le scale mobili, che si incrociano a x dietro una maglia di vetro e acciaio che rappresenta la facciata dell'edificio. Così mentre salgo noto una rampa discendente che stranamente non si muove: c'è il corpo di un uomo in giacca e cravatta slacciata rannicchiato sui gradini. Dorme quietamente con la testa appoggiata a un impermeabile arrotolato. Lo riconosco, è Alan Alda. Un pensiero mi illumina: Pierce e Mc intyre di Mash. Nell'ultimo scampolo di visione scorgo un'altro addormentato dalla testa rosso ricciuta: è lui, l'inseparabile compagno di sala operatoria.
In casa: un appartamento stretto e lungo, arredato in toni moderni e pratici, uno stile Ikea, ma un poco più vintage seventies. Sulle mensole statuette di IZemborg e Ultraman in pose guerresche, un piccolo visore trasmette in sequenza muta scontri di giganti in costume tra i palazzi di compensato in scala perfetta che si impolverano ad ogni capitombolo. Su un tappeto color crema incorniciato di marrone c'è un tavolino basso nero dove già sono disposti alcuni soldati in scala 1/35: sono degli Atlantic tedeschi, ovviamente in pose mai viste. Sembrano più delle statuine da piazzare su una eventuale scacchiera. E come posseduto dal demone del gioco inizio a schierarli sul tavolo, sul tappeto, in corridoio. A un certo punto sento un vociare che arriva dalla porta finestra. L'impulso è di fare ordine prima di un'invasione poco rispettosa del contesto ludico, ma la curiosità prevale. Apro la porta finestra e mi ritrovo al pianterreno di una grande avenue. Al centro della scena una squadriglia di ragazzine asiatiche imbronciate che prova i passi di un balletto metropolitano. Una punk side story che ruba a Bernstein e Beat it di Michael Jackson.
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