venerdì 6 luglio 2007

Promessa

Uscire dall’anonimato è il prossimo obiettivo

La discrezione ha fatto il suo tempo

Tanto la nebbia me la porto addosso

I due mozziconi

Unico indizio due mozziconi di sigaretta, sul selciato, tra la polvere di grana grossa e la sottile cucinata dalle auto. Sono due mozziconi anonimi, depositati dalla mano del caso uno accanto all’altro. Il più corto guarda a nord come se occhieggiasse dal cordolo del marciapiede. L’altro è leggermente piegato, annerito in cima, come se fosse stato spento in fretta. La zona attorno non offre granchè: semplice periferia, all’orizzonte casermoni popolari fanno da sipario al centro metropolitano. Quando lo smog si dirada affiorano le guglie della catterale e il pennone della torre civica.
Diciamolo pure, uno speculatore come sir Winston non aveva alcun motivo di trovarsi quaggiù, tra sterpi e prataglia. Il cadavere era appoggiato di schiena a un robusto quercus satinatus, l’unica pianta superstite di quest’area coltivata a maggese, proprio all’incrocio di due derivazioni irrigue. Le scarpe debitamente infangate fanno pensare a una passeggiata volontaria, benchè insolita. La morte deve essere giunta improvvisa con lo sfondamento del cranio da parte di un corpo contundente, un singolo violento colpo. La pioggia però ha dilavato ogni traccia attorno al cadavere, sono sparite impronte e ogni altro segno utile ai segugi. Dobbiamo affidarci solo ai nostri occhi e ai due mozziconi trovati sulla strada.
Ebbene, cosa possiamo dedurre caro Watson.

lunedì 11 giugno 2007

La logica del disastro

Saccheggio e devastazione

Alzate di spalle e fatalismo

Poi il boato

Grida di dolore e rabbiose condanne

Applausi sulle macerie, pacchi di solidarietà e promesse

Fino alla prossima

mercoledì 6 giugno 2007

I wish

I wish rain could wash away the gloom

I: Oltre il velo del sogno

Oggetto: Oltre il velo del sogno

 

Il flusso del sogno si è tradotto in racconto.

Le vaghe forme si distillano in parola

Una scorta buona per il mese entrante

Life is but a dream

Se i risvegli non sono troppo bruschi, se a destarci non è la fame o il dolore possiamo sperare di rimanere ancora imbevuti del tepore onirico, un manto protettivo che ci custodisce dalle intemperie della mattina. Un impermeabile immacolato eppure leggerissimo, destinato comunque a dissolversi sotto i progressivi colpi delle incombenze e degli accidenti.
Mentre il sangue ritorna in circolo mescolando gli umori già polarizzati verso gli obiettivi primari e secondari (la sopravvivenza e l’affermazione sociale e del sè) lentamente svanisce la sensazione d’appartenenza a un altro mondo. Un mondo dove la regola sta in una delle nostre tasche, benchè si circoli nudi o in livree dai mille pertugi di stoffe e merletti. Non pochi alimentano la segreta convizione che quel “tesoro”, sia formula magica oppure oggetto prodigioso, esista anche nella cosiddettà realtà, la vita da svegli. Anche per questo alcuni lottano strenuamente e trascinano altri con sè nel tentativo disperato di costruire, di plasmare il reale a modello di un sogno. Guerre e imperi che ingombrano i libri di storia stanno a testimoniare queste imprese, peraltro destinate al fallimento. Il potere temporale non ha che singole pulsioni e come tale è inadatto a edificare un reame che si nutre più di materiale immaginario che di sangue, oro e mattoni.
Il sogno è il segreto dialogo tra cuore e mente: non lasciate che uno dei due bruci.

Life is but a dream

Sette mari solcherò senza sentire freddo ne piegarmi alla brezza salmastra. Al timone tessere del domino, alle vele un mosaico di post-it smarriti. Nude tavole che hanno conosciuto calcagni legnosi di pirati caraibici ora stridono tirate a lucido dalla gomma delle mie All stars: il canestro è inchiodato all’albero maestro. Un triangolo suona allo scoccar della merenda: pane e marmellata per tutti. Anche i cannibali fanno uno strappo e infilano le zanne puntute, vergini al Colgate, sul culo delle michette debitamente spalmato.
L’idea di fare il punto col sestante non ci sfiora, una noia da secchioni. Le correnti ci sono amiche come un paradosso zen eppure non ci disperiamo. Il sole ci accompagna benigno schizzando i suoi raggi in faccia alle invidiose corvette britanniche, ai tronfi galeoni spagnoli. Dobbiamo dichiarare la nostra bandiera? Troppo scafati per sapere che il vello d’oro è soltanto un pretesto e Giasone si è servito alla Standa dopo una gita in gozzovigli con amici e amiche radunati per strada.
Ma non issiamo neppure la pavida bandiera bianca, il nostro vessillo riflette il cielo e le nuvole che si sfidano a percorrerlo sulle ruote del vento. All’imbrunire si parcheggia sotto costa soltanto per godere gli aromi di spezie e verzure tropicali che spirano dal magma incolto di fronde steso sulla terraferma. Un misfatto o una benedizione? Non saprei cosa ha inselvatichito la dimora dell’uomo, servirebbe entrare nel dettaglio, spolverare scritture sacre e profezie blasfeme, servirebbe forse un altro sogno.

Life is but a dream

La vita non è che un sogno, è ciò che fai. La canzone ruota come un variopinto carillon di cavalli su una giostra, persa in un incantesimo di infanzia perduta.
La luce del lampadario batte sulla lama, il riflesso offende l’occhio. Ci perdiamo una giravolta. Mancato il codino, c’era un’altro viaggio gratis in palio. Le piume sono scivolate tra le dita: quando l’occhio mette a fuoco l’oggetto e il cervello preme il grilletto l’attimo è già svanito, oltre la curva della giostra. Il sogno che si morde la coda, l’illusione che si tuffa nella vita e in un balenio di riflessi si pretende d’aver afferrato il capo giusto.
La vita sognata ha luce costante, il cielo di un’esistenza che non conosce la nuvole. E perchè mai qualcuno dovrebbe averne bisogno? Soltanto nascendo si scopre che non si è soli, che c’è qualcuno che non ci abbandona mai. Chi? La nostra ombra. Un doppio silenzioso e malleabile, oscuro forse eppure non per questo ostile. E’ un peso direbbe il solito pessimista. E’ un dono, esploderebbe il solito ottuso. E se fosse qualcosa di diverso, se fosse un marchio, un distintivo tra ciò che è e ciò che potrebbe essere, ossia lo stato plasmabile del sogno.
Tutti sanno dell’esistenza dei fabbricatori di sogni, la pubblicità, il lavoro, le più intime convinzioni sono venute a patti con questi creatori dai volti non sempre identificabili. Sì perchè a volte non serve spingere lo sguardo oltre la curva della giostra, basta un’occhiata allo specchio: siamo noi. La società stessa luccica attraverso il nostro sognare e nel sogno c’è un sole invisibile che riscalda tutti quanti.

martedì 5 giugno 2007

Tempo di sabbia soffiata via
L'ossessione di Zahir si frena soltanto nutrendosi di storie
E anche nel sogno desertificato le storie crescono
Minuscoli puntini che si avvicinano nella luce abbacinante
Presto potrò leggerle guardandole negli occhi
Mi porgeranno la mano?
La ricerca dell'equilibrio attraverso il racconto
I fatti che si dipanano e acquistano un nuovo peso
Così come nel passaparola un dramma si ridipinge di volta in volta

sabato 2 giugno 2007

Attesa... i secondi si dilatano sotto la lente dell'ansia.
Un incendio, un cadavere, un sortilegio finito male.
Gli annunci delle catastrofi gracchiano distorti
Per gustarli non hai che da sollevare la cornetta

venerdì 1 giugno 2007

Crivellati di gocce solo la resistenza dei vetri ci protegge
Il traffico mugola scalpitando in cerca di riparo
Questa luce grigia e filtrata nutre la nostra linfa di memorie ancestrali: non siamo forse usciti da una foresta pluviale qualche milione di anni fa?

mercoledì 30 maggio 2007

Tutta la notte su una pista di sangue per poi stringere misere mosche.
Nulla di esplosivo, solo schiamazzi alcolici
Fortuna domani si dorme

Club Zahir

Il luogo dei non luoghi
Il luogo dei luoghi comuni
Appena fuori dal comune