La scena è cruenta, decine di giovani in nere tute di cuoio dove spiccano i tagli rossi delle ferite frugano il sottobosco armati di sciabole e coltelli. La foresta è malata, attaccata da un bianco lichene alieno che le succhia la linfa fino a polverizzare le piante. Un ragazzo scosta ciuffi d'erba avvizzita su un pendio dove i tronchi d'albero sono infissi come ossa di morto.
Il cielo è una tavolozza impiastrata di nuvole cupe. Ogni tanto filtrano raggi di luce che riverberano sul biancore di filamenti di licheni stesi sui rami come bava d ragno. L'ingresso è stato scoperto, ma occorre radunare il gruppo.
Io sto a guardia dell'ingresso mentre alla spicciolata, badando a non farsi seguire, arrivano amici e alleati. Il comando avversario però gioca sporco e manda avanti mio fratello con un ostaggio. Non so come sia lì, so che è stato plagiato. Avanza minacciando una ragazza bionda, il filo della spada preme sulla sua gola. Ai fianchi della coppia ci sono due ragazzini pronti a sgattaiolare per fare danni con i loro lunghi pugnali.
Appena passa la soglia con l'ostaggio: un colpo alla spada e l'altro di piatto sulla guancia dove fiorisce un livido. Fede - grido - perchè tu sei Fede ricordi? E lui un po' confuso mi guarda, le braccia sono inerti. La giovane bionda - sua moglie - lo prende per la mano che impugna la spada. Gli altri due ragazzini sono impietriti. Li sorprendo con uno strillo: è voi che cazzo fate qui?
Corrono fuori. La mia preoccupazione è spostare mio fratello dalla linea di tiro, l'ingresso della sala senza porta è pericoloso. I nemici si presentano a ondate di due-tre. Di più non riescono a passare e si intralcerebbero. Indico l'uscita, oltre le porte automatiche c'è una grande scala mobile, lì si sono radunati gli altri del gruppo giunti a destinazione - soprattutto donne - e quando saremo al completo occupando ogni gradino il meccanismo si metterà in moto e raggiungeremo la città.
foto Patagonia: in viaggio verso Puerto Natales
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