3. La beffa trionfante
Non so come sia accaduto, forse indicando la strada a mio fratello, forse un colpo vibrato a caso durante l'ultimo assalto: qualcuno mi ha pugnalato alla schiena sotto la scapola destra. Sì, lì non c'è il cuore, posso stare tranquillo, ma devo farla finita con quelli là fuori. Potrebbero essercene tre o pochi di più.
Decido di prendere l'iniziativa prima di perdere i sensi. La mia tattica: un tuffo in avanti, oltre la soglia, immagino le lame che mirano al mio collo ma mi proteggo opponendo sciabola e pugnale in una sorta d'asta paracolpi. Il fendente arriva da destra, il pugnale si spezza e la lama mi taglia la fronte. Da sinistra sento un graffio al fianco che mi lacera la tuta: troppo lontano per essere letale.
Stendo le braccia: la sciabola a sinistra incontra subito resistenza, l'ho preso. Mi scaglio col peso del corpo a destra per impedire al nemico un nuovo colpo, in pratica gli casco addosso e prima che possa menarmi un nuovo fendente gli infilo in testa quel che resta del pugnale. Senza fermarsi.
Gli strappo di mano la sciabola non mi guardo neanche alle spalle, corro in campo aperto da emerito imprudente. Spremo le energie residue proiettandomi verso la vasca dello sbruffone. So che è una trappola ma non c'è altro modo per finirla. E' lì che mi guarda incredulo per come sono conciato, per me invece è la copia di un morituro gioacchino Murat.
Una vampata di dolore si accende alla coscia, non riesco a posare il piede sinistro, cado. Ma sfrutto la scivolata per arrivare a bordo vasca e incrociando le lame delle sciabole come una grossa cesoia vado a recidere di netto la testa dell'attonito nemico: la sua glabra figura alla Rupert Everett se ne sta a braccia spalancate, le dita contratte sui bordi nell'atto d'uscire dalla vasca, come un corpo di marmo riemerso dagli scavi di Pompei.
Passano gli istanti, nessuno mi tocca. Ho vinto. Ai superstiti dell'altra schiera ancora acquattati nel buio faccio cenno di andare. Ma non sento risposte, i dolori si stemperano nell'immobilità, resto ad abbeverarmi nella pozza di luce.
foto dal film Dune di David Linch
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