lunedì 2 febbraio 2015

Massaggio al duce



Dopo una parentesi Genovese a zonzo per strade in pendenza, allentate come vecchi stendipanni al sole, mi sono imbarcato su un aero taxi. Un piccolo velivolo che parte come un taxi, con tanto di autista in giacca di pelle alla Bravi ragazzi e interni moquettati, e poi decolla con un soffio. Al mio fianco si accomoda un signore con una gran mascella chiusa in un rigido sorriso. Sul sedile posteriore, che pare un divanetto da limousine gangsta rapper si siedono due mie colleghe: Reika e Beauty. Siamo diretti a una scuola dove viene segnalato un affresco - ne ho una rapida visione e somiglia a un lavoro di Giotto dai contorni un po' sbiaditi dall'umidità - che piange o trasuda. Miracolo? Occorre un sopralluogo.

Guardo ancora il mio compagno di sedile: anziano, ma robusto. In testa ha un baschetto che si toglie rivelando il cranio glabro. Ed è lì che lo riconosco: ha l'aspetto un po' stranito del suo "recupero" dalla prigione del Gransasso ma è lui. È Benito Mussolini, in arte il duce.
Di cosa si occupa adesso? Il rumore delle eliche mi porta via parte delle sue parole. Capisco "brigate rosse". E poi mettendo insieme i brandelli di conversazione salta fuori che sta scrivendo un saggio sul terrorismo: mette a confronto le azioni "rosse" degli anni '20-'30 e gli anni '70 del Novecento. Ribatto che le situazioni non mi sembrano comparabili: nel Ventennio il controllo dei media era molto stretto (nel senso che la diffusione dei mezzi di comunicazione era limitata a pochi e spesso contrapposti gruppi di potere). C'erano si' la radio e il cinema. Già, il cinema dice lui con l'aria di uno che ne sa qualcosa. Cinema! Fanno eco le colleghe da dietro. Poi lui fa una smorfia di dolore. Uno strappo alla schiena: mi servirebbe un massaggio, dice sollevando un maglione di cotone bianco pesante che scopre un torace ancora robusto e dalla pelle abbronzata. Sul fianco fa capolino un tatuaggio, una cuspide nera di un qualche disegno tribale, o così mi pare. Dovrebbe togliersi il maglione per capire.

Il magnetismo dell'uomo è tale che Reika e Beauty si offrono subito per dargli un casto sollievo. Nella concitazione Reika infila la mano tra i sedili e tasta per sbaglio me: in quell'istante mi rendo conto di non indossare altro che un pigiama estivo di tela cotone simile a quello che portavo in ospedale durante il ricovero. Il signor Mussolini si sposta sul sedile posteriore per agevolare l'operazione "massaggio al duce". Tutto sembra svolgersi in una forma casta e naturale: lui adagiato bocconi e le due premono sulla schiena seguendo le indicazioni dell'infortunato. Nulla di sconveniente, oltre al fatto in se'. Mi volto e scopro che il taxi sta dormendo saporitamente. La cloche è sparita in qualche vano nascosto per dargli spazio.

Mi preoccupo un attimo, ma so bene che c'è un pilota automatico che veglia sulla nostra rotta. E infatti ecco che comincia una planata dell'aero taxi che annuncia l'arrivo. Tutti si ricompongono, il duce si rimette a posto e in breve si atterra. Scendiamo in comitiva, la scuola è vicina. Entriamo nel cortile lastricato a porfido e con qualche aiuola verde. Si scorge un giardinetto con giochi. Varchiamo la soglia e in balzo siamo nell'atrio: e' un ambiente con le pareti piastrellate, bianche e lucide, sembra un gigantesco bagno. L'affresco sta nel reparto cucina che un tempo era la mensa delle monache. Il duce fa strada sciorinando dati e aspetti storici relativi all'asilo. Io però mi fermo, non me la sento più: sono in pigiama...argh!

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