lunedì 2 febbraio 2015

Processo in piazza Vecchia


I carabinieri fanno selezione all'ingresso, perquisiscono, frugano nelle borse, cercano videocamere, registratori. Io so di averne uno con me. Cerco di distrarli, attacco bottone con un comandante in una saletta che pare lo studio di un avvocato. Sfodero un libro d'arte come regalo, il vice comandante ride "e' proprio il suo genere". Dalla borsa tirano fuori dei dvd, cofanetti di qualche serie smilza, ma prima che possa identificare i titoli vengo ammesso in sala.
L'udienza e' in corso: toghe nere sullo sfondo di alti seggi, camici bianchi per imputati e testimoni. Mi siedo in ultima fila. Un omone calvo, uno dei camici bianchi, si agita con espressione sofferente, steso a terra, dietro un alto scaffale foderato dai tomi della legge. Un altro, con i capelli rasati a forza, scatta verso una finestra aperta. Suona un allarme, io lo seguo, più per curiosità che per dovere. Il giardino sembra un cantiere edile, tubi e buche, pochi ciuffi d'erba incolta. La sua corsa si arresta dopo un largo fossato fangoso, addosso ad una recinzione fatta di rete metallica. La sua fuga termina li.
La mia no.

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