domenica 7 giugno 2015

War & Fury



Hanno l’espressione tesa e gli sguardi persi di chi si è spinto oltre il limite delle proprie forze troppe volte. Volti lividi che hanno dimenticato le emozioni e corpi ridotti a fasci di nervi strizzati nelle divise luride, impregnate di sporco e polvere da sparo. Sono i carristi di Fury, capitanati da Wardaddy – Brad Pitt nel cuore oscuro del nemico nazista: Germania aprile 1945, un mese prima del VE day. La sconfitta è già scritta sul libro della storia, ma gli uomini ancora non lo sanno e continuano a uccidersi e morire. E’ la parte più oscura di questa eclisse della ragione che si chiama guerra: il vento si è portato via le ceneri degli entusiasmi della prima ora e anche le paure e le angosce del battesimo con l’orrore della morte. Quello che resta è la contemplazione della sofferenza, il desiderio di tenerla lontana anche soltanto un minuto in più del tuo nemico: è sopravvivenza.

Detto ciò, il film non mi ha convinto molto. Nell'esposizione c'è disequilibrio: alcune parti prolisse, alcune dilatazioni poco funzionali al racconto, battute ritagliate da libri che dovrebbero dare profondità e invece sembrano medaglie alla memoria. Dei retroscena dei personaggi si dice poco, ci sono spizzichi e parole sfuggite, ricordi strozzati, tutto è giustamente schiacciato sul presente. Eppure sulla via spuntano declamazioni filosofiche, pragmatiche, certo, ma un po' troppo pensate a tavolino per un gruppo di combattenti che la crisi di nervi l'ha passata da un pezzo. 

L’idea – penso – sia quella di farci vedere la guerra attraverso la rapida e brutale formazione di un sostituto. Non è come nelle “comode” camerate di Full metal jacket, il novellino della seconda guerra mondiale sbattuto in prima linea non aveva tutto quel tempo: 8 settimane di addestramento e poi in tutta fretta eccolo a riempire i ranghi di una pattuglia di disperati. Sì perché tali erano i carristi americani: lo Sherman era una modesta caffettiera comparata ai Tiger tedeschi. E’ noto che i carri Usa erano soprannominati “ronson”, perché bastava un colpo (subìto) per buttare fiamme, proprio come diceva la pubblicità degli accendini. La prospettiva di trasformarsi in una torcia ambulante era un incubo ben presente agli equipaggi. 

Il "duello" con il Tiger testimonia in maniera fedele l'esito di un incontro con un simile peso massimo corazzato. Hai soltanto un'arma contro un mostro del genere: il destino. Se la tua ora non è giunta, non è giunta. Non ci sono più speranze, né fortuna, nulla che tu possa fare chiuso in quella scatola di latta, devi soltanto fare il tuo dovere e attendere di vedere se la morte girerà la carta con il tuo nome.
Wardaddy questo sembra averlo capito: già all'inizio del film ti rendi che quest'uomo sfregiato e strapazzato dal dolore ha dato tutto, non gli rimane che il mestiere di uccidere. E quando è costretto a seppellire uno dei suoi, forse viene colto dall'intuizione di un presentimento: la magia è finita. Gli orizzonti dello scontro si sono ristretti: Nord Africa, Normandia, Belgio e ora Germania. Poco spazio di manovra, troppi lupi travestiti da pecore. I margini per la vita sono ridotti a un filo, a una linea tracciata su una mappa attorno ad un incrocio. 

Lo scontro finale, uno sorta di Termopili con artiglieria pesante è poco credibile e, nell’ambientazione in prevalenza notturna, anche poco noioso visivamente parlando. Perplessità anche sulla chiusura che vuol dire non dicendo, lasciando ai cervellotici la corretta interpretazione o il tirare le somme.
C'è chi parla di continuità con Salvate il soldato Ryan, ma non la vedo proprio. Altra narrativa, altre atmosfere. Mi pare - forse - più vicino a Big red one, con il monumentale Lee Marvin. Pitt si è costruito una bella parte, ma mi è parso troppo enfatico nella resa del personaggio. Un soggetto che alla fine non  è ben chiaro se sia il protagonista, perché la scena gliela ruba il racconto stesso, ossia il vuoto della speranza che accompagna la guerra. Detto così Fury potrebbe essere un buon prequel per Germania anno zero.
 
Ps
Tra le pubblicità obbligatorie pre-proiezione ho notato con una certa sorpresa quella di Sky: cinema casalingo on demand. E in una sala cinematografica mi è parso come parlare di corda in casa dell’impiccato. Ma ormai alla pubblicità chi ci bada più...
 

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