sabato 21 agosto 2010

la riunione.4

Alla nuca sento il formicolio del pericolo: mi accorgo che siamo accompagnati nel nostro galoppo attraverso l'accampamento. C'è un ragazzo di carnagione olivastra in jeans e maglietta scura che comincia a fiancheggiare la dottoressa. Ha un fare poco rassicurante. "Levati di mezzo" sibilo. Ma quello non mi sente. Decido di attendere un luogo meno affollato. Usciamo allo scoperto tra l'erba e i calcinacci. Il giovane spintona la dottoressa in un androne di cemento: un vecchio ingresso ai garage interrati invaso da un impasto di tegole sbriciolate. Lei vorrebbe gridare ma si ritrova senza fiato.
Anch'io sono un po' provato ma prendo lo slancio per rifilargli un paio di calci che lo sbattono a terra. Rapido come un fulmine entra in scena un altro uomo. Sono stato stupido: era una tattica. Il tipo in shorts e canottiera ha un fisico asciutto e muscoloso, pare un corridore. Forse per quello non l'ho sentito arrivare. Ghigna e mastica parole con fare beffardo. Io mi metto in posizione di guardia e lui provoca. Vuole agganciarmi con le sue zampe lunghe, ma mi tengo a distanza e sferro colpi ben precisi: gancio al fianco, finta, finta, dritto sul naso.
Fatto male? Ride ancora, ma stavolta alza la guardia. Finta per lo stomaco e dritto in faccia. E' un po' lento a ripararsi e allora raddoppio cercando di raccolgiere le ultime forze. Poi un altro destro al fianco che lo sbilancia. E' cotto, perde l'equilibrio e casca a gambe all'aria. La pendenza me lo fa rotolare contro. In faccia mi ritrovo i suoi polpacci pelosi stretti nelle calze bianche sportive che mi fanno ricordare un tacchino pronto per il forno. Un'immagine che apre la breccia di altri ricordi: ritrovo così nella figura di quel podista sfigato un vecchio amico. Ed ecco la verità dissepolta: anche io ero uno del branco prima d'essere reclutato.
Ha senso continuare la missione?

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