lunedì 29 ottobre 2012

Tripartito.3 - L'aula






L'ultima tappa al posto di lavoro: nell'aula con banchetti scolastici tipo elementari ferve il chiacchericcio delle donne. Avvisto una fiammeggiante pettinatura biondo platino: una ex collega (o ex compagna delle elementari?!?) che, passata alla concorrenza, pare silenziosamente tornata nei ranghi della mia azienda di comunicazione. Prima di venire invischiato in revival spiacevoli guadagno l'uscita e nel corridoio pieno di gente indaffarata, richiami a voce alta e un sottofondo ticchettato di macchine per scrivere che pare rubato di peso da un telefilm poliziottesco anni '80, incontro un mio superiore. Mi prende sottobraccio, anzi mi cinge amichevolmente il collo essendo molto più alto di me: sento che vuole darmi una spiegazione falsa, tanto per rabbonirmi.

Scivolo via, gli afferro il polso e gli torco il braccio dietro la schiena ma senza fargli troppo male. Lui capisce il gioco e mi ruota attorno, però inciampa nei suoi stessi piedoni e mi urta: vado a sbattere con la faccia contro il muro. In breve rimedio un occhio nero. Potrei fargli causa, penso, potrei rovinare tutti e vivere di rendita. L'idea mi solletica e quasi sfoggio il mio livido per il corridoio sempre più affollato.

In una sezione incappo in un capannello di persone che pare conoscermi benissimo e mi chiedono a gran voce di fare l'imitazione di Zorro con tanto di mascherina nera e cappello a tesa larga. Io parto improvvisando un monologo italospagnoleggiante e coinvolgendo come comparsa una signora un po' su' d'età che mi guarda estasiata. Applausi del pubblico e premi. Vinco qualcosa di stranissimo: due cuccioli gatto di Pardo. Sono gatti ma maculati a pelo corto. Li si porta al guizaglio, miagolanti.

Ed eccomi rientrare trionfalmente in aula, mentre l'ex collega ritornata decanta le lodi di un cagnetto con leziosi ciuffi di pelo. Sul suo viso si disegna una smorfia di disappunto per averle rubato la scena mentre irrompono gli oooohhhh di meraviglia della platea. "Cosa sono?" mi chiede quasi schifata. "Sono gatti pardo, un rarissimo incrocio di razze". E il mio sorriso molleggiato è il colpo del ko.


Foto from Murales in Tallinn by Dr Ouamandè

sabato 27 ottobre 2012

Tripartito.1 - Il tragitto





Non è la prima volta che guido nel sonno. Nel caso più recente ero al volante di un'utilitaria con a bordo amici e parenti stretti, ma in una versione più giovane rispetto al presente. Anche io mi sento ragazzo, forse anche fresco di patente. Stringo un volante che mi pare fin troppo ballerino rispetto alla serietà supposta del veicolo e cerco di centrare la carreggiata che, per quanto rettilinea è dispettosa: sembra incurvarsi leggermente nel momento del nostro passaggio.
A complicare la faccenda ci sono schiere di automobilisti che sfrecciano al limite della linea di mezzeria, anzi spesso la superano, impegnati in furiosi sorpassi che implicano il rischio di un frontale dagli effetti disastrosi. Sembra di stare sulle strade pazze degli inseguimenti acrobatici alla Harold Lloyd e i Keystone cops. Infatti la scena si svolge con un audio a bassissimo volume che mi fa nascere il sospetto di una colossale burla. Le difficoltà intanto aumentano: man mano che viaggio nel traffico frenetico di una superstrada dell'hinterland la mia visuale si restringe, i contorni di fanno sfuocati e ogni volta che mi imbatto in un incrocio salto semaforo e precedenze.
La velocità non la determina il mio piede sull'acceleratore, è indipendente e in progressione: comincio a sentirmi prigioniero di un raffinato tormentatore. Ormai ho gli occhi ridotti a fessure e quasi attendo lo scontro come una liberazione. Avvisto una colonna di trattori guidati da idioti che fanno lo slalom in mezzo alla strada. Dopo averne scansati un paio decido di buttarmi su un'aiuola spartitraffico badando di evitare la segnaletica verticale: l'auto ingolfata da erba e terra si arrende mentre vengo tempestato da rimproveri ed esclamazioni di sollievo del parentado.

Foto: Tallinn main road

venerdì 26 ottobre 2012

Tripartito.2 - la residenza


Poi si inserisce una sottotrama casalinga: vivo in un appartamento al piano terra che pare un piccolo Overlook hotel: interni con pareti bianche e moquette al pavimento, piccole stanze arredate come indipendenti zone notte.
A volte mi capita di arrivare in locali inesplorati: in uno di questi scopro un letto con una coperta di raso azzurro bordata di un singolare ricamo d'argento che nel lembo superiore, quello sopra il cuscino, si trasforma in un gancio-appendino decorato a forma di donna piumata. L'impressione complessiva è quella di un sarcofago egizio. Al piano superiore esiste una zona uffici che digrada in un quieto giardino urbano e da quello che capisco è la sede di un consultorio socio-sanitario: mi capita di cogliere brandelli di conversazioni di coppie in crisi e consultazioni con gli avvocati al seguito.
Da uno stretto cortile esterno che si affaccia su una ampia scalinata vedo scendere, accompagnata dal legale annuente, una valchiria dai capelli biondi ma militarmente corti che sfoggia un'audace schiena nuda. Il suo borbottare è appena comprensibile ma avverto che non risparmia strali all'indirizzo del suo ex. Mi ritiro, quasi avessi violato qualche confine della privacy, ma presto devo fronteggiare altre invasioni. Pare che qualcuno si sia introdotto nella mia magione: noto negli stretti corridoi un disordine che non mi appartiene: cocci di vasi e depliant piegati di traverso come misteriosi origami in 2D.
Una fitta di impotenza mi pervade: che misure posso adottare se non conosco nemmeno l'esatta topografia della casa? Mi rassegno e resto indeciso se accomodarmi a letto per vegliare in attesa degli intrusi oppure produrmi in un pattugliamento silenzioso.

foto: Macba Barcellona

lunedì 15 ottobre 2012

Il ricordo giocabile: Amarcade


I ricordi cambiano nel corso del tempo e ogni volta che richiamiamo un fatto del passato lo modifichiamo. Il risultato dipende dalla strada che percorriamo per recuperarlo - l'emozione. la ragione, l'istinto - perché è come afferrare un oggetto tirando delle cordicelle, anche se siamo portati a pensare al ricordo come uno schedario o uno scrigno forse l'immagine più corretta è quella di un aquilone. Il ricordo in sè esiste, ma cambia a seconda dell'esposizione al vento e della forza e della costanza impiegate nella sua rievocazione.

Ciò che è accaduto quindi non è immutato e immodificabile, dal punto di vista soggettivo come da quello della cosiddetta pubblica opinione. Il ministero della Verità ideato da Orwell in "1984", l'istituto deputato alla conversione di ogni evento alla luce della convenienza di regime, non è una novità, ma un processo che la nostra mente e la nostra società compiono ogni giorno.

Immaginiamo allora un mondo semplificato che è sempre uguale a sè stesso perchè è limitato e i suoi confini sono spaziali quanto temporali.

Immaginiamo un mondo che può essere evocato con estrema facilità, in molte forme - formati - ma mantiene la sua coerenza interna, le sue leggi, le sue finalità

Immaginiamolo come il prodotto di una creazione che contiene le forme basilari dell'essere e dell'avere, le funzioni immediate del potere e del volere.

Immaginiamolo come un ricordo interattivo, che si ripresenta uguale e vi sfida a giocare sovrapponendo le emozioni lontane ai brividi della riscoperta.

Un ricordo = amarcord

Un videogioco = arcade

Ecco la genesi di AMARCADE

Provate a:



foto: The last bit by mr Kyl