Siete tutti più intelligenti e acculturati di me, non ho dubbi. quindi saprete spiegarmi il significato preciso della parola cluster. Che si pronuncia claster. e che ha un suono secco, come una tanica metallica vuota di gasolio che vi sfugge di mano all'improvviso e sbatte a terra mentre state asportando carburante dall'auto del vicino di casa. Saprete dirmi che cluster è un termine inglese, che ha un tale significato e che nel gergo internazionale degli allestimenti ha un senso specifico per definire una organizzazione espositiva tematica. Ma io sono ignorante, e allora quando per la terza volta sento pronunciare dal bravissimo presentatore Baolo Ponolis, padrone della scena in piazza Duomo per la serata pre-inaugurale di Expo, la parola cluster allora come un Harry Potter qualsiasi decollo, parto per la tangenziale della fantasia.
Cosa è il cluster? In soldoni è un'avamposto. Sì, le nostre stazioni orbitanti sganciano i cluster sugli obiettivi. Atterrano di notte e fuori dalla schermatura radar grazie ad un sistema di depistaggio a specchio del segnale. giù all'Expo ne abbiamo piazzati otto. E tutte le mattine gli operai che iniziavano il turno erano contenti di tutto il lavoro che avevano fatto i colleghi. Diamine, abbiamo quasi finito! Cavolo, vuoi vedere che riusciamo a finire in tempo anche se si sono mangiati le paghe del mese scorso? Poi quando per caso entrano nei cluster cambiano idea, anzi per dirla tutta cambiano cervello. Perché è così che ci insediamo sul pianeta. Non possiamo certo andare in giro con ingombranti tute scafandrate o costose navicelle antigravitazionali non detraibili fiscalmente. Ci muoviamo con mani e piedi dei nativi. Bastano poche incisioni nell'area d'alloggiamento cerebrale, asportiamo quella poltiglia grigia in sovrappiù ed ecco un veicolo perfetto per muoversi nel nuovo habitat terrestre. La guida è abbastanza semplice - si tratta di un veicolo dalle limitate capacità motorie - lo spostamento superficiale, con un paio di pasti in media arriva a fare un centinaio di chilometri. Dopo una decina di lezioni pratiche e qualche accompagnamento in strada, sarete padroni del vostro portatore terrestre. Superato il test teorico e una guida assistita a distanza, avrete il vostro bel diploma di guida. Solitamente consigliamo di non allontanarsi dal continente europeo nelle prime due settimane, ma la nostra rete di assistenza si sta diffondendo rapidamente e presto potremo rispondere alle chiamate di emergenza in ogni località del globo.
Ma tornando ad Expo, gli otto cluster sono, per dare un idea, dei reparti ostetrici. Pratichiamo rapidi e sicuri cesarei craniali, ma la nuova vita non esce, entra nell'ospite, lo governa come una qualsiasi auto. Finora ci siamo dedicati ai modelli operai e qualche architetto di passaggio. Quando la manifestazione aprirà i battenti, la varietà di scelta aumenterà sensibilmente. Avremo a disposizione gente di tutti i paesi, autorità, capi di stato e personalità di spicco. Gli otto cluster dedicati a riso, caffè, cacao, patate, semi e zone aride, umide e marine richiameranno una varietà di persone da tutto il mondo.
Naturalmente ad un certo punto faremo una selezione all'ingresso, non possiamo occupare tutti indistintamente. L'invasione di un pianeta è anche una questione di qualità. Troppi tentativi falliti: ci siamo sciroppati le puntate di Visitors, Megaloman e Ufo robot mica per niente. Expo è stato da subito il modello teorico vincente per una società a schizofrenia variabile come quella terrestre e lo replicheremo di certo se verrà centrato l'obiettivo di contenimento del budget.
La visione si interrompe e torniamo sulla Rai che ci allieta con la facciata del Duomo meneghino, valorizzata con tagli di luce che manco la spada di Darth Vader. Baolo Ponolis, circumnavigando la sua meringosa spalla, Tantonella Pericli, sciorina con dizione a prova di accademia della crusca i contenuti e i contenitori di Expo, accompagnato da sbirciature ad effetto, fiabesche inquadrature e montaggi analogici di intrecci nidiformi e gradinate eisesteniane. Un viaggio nel mondo dietro casa nostra, un tuffo nel mondo che verrà e soprattutto tanto da magnà. E sì, perché se il rilancio parte dal restauro, qui in ITalia parte dalla ristorazione: mangiamoci sopra.
Ahi! Ahio! La bacchettata virtuale arriva Momo Roboni, governatore sassofonista della regione lombarda e, per transitiva proprietà, gran visir dell'evento milanese. Ce l'ha con i gufi, i menatori di grame figure che oggi come se fosse già domani sbeffeggia dietro i suoi occhialucci wertmullerriani: alla fine ci siamo riusciti, abbiamo aperto Expo. Oh, sì, per aprire si apre, ma l'iter per giungere alla meta del pianeta Expo è stato molto avventuroso, direi come una puntata di Vita da Strega mixata con Romanzo criminale, uno spruzzo de I Cesaroni, guarnita con una scorza di Boris (nella precisa citazione "si gira alla cazzo"). Ma in ITalia, lo insegna il piccolo principe tascabile di Machiavelli, quando si tratta con la plebe conta il risultato estetico mica la sostanza sonante. E quindi la meta è stata colta: delle attese, delle beghe, dei piedi pestati, dei pianti versati, dei soldi sprecati e intascati, dei progetti scritti e cancellati, dei torti subiti e restituiti in definitiva frega poco, quasi niente. Alla magistratura semmai, un dì da venire, l'ardua sentenza. A noi un calororoso: benvengExpo!
In piazza Duomo il clima è umido e gocciolante, tecnicamente "freschetto". La grande orchestra forgiata alle esibizioni in quota e i cantanti d'opera ben carburati non hanno bisogno di scaldare i motori: si leva il Va' pensiero, cade una Furtiva lacrima e in fronte alla Madunina sorge O sole mio. Che le vocalità e le armonie siano veicolate da corpi non totalmente italici, che importa. Qua lo straniero è passato e ripassato da un pezzo e il Piave c'ha poco da mormorare, viene sommerso dallo scroscio degli applausi in expovisione.
Prima che la sigla beneficiata dall'ugola boccellesca abbia compimento nella chiusa dell'antipasto eventuale, il bravo Ponolis riesce a irraggiare un poco di umanità anche sulla autorità Expo numero uno, incaricata della ruota del timone. Un soggetto longilineo di fattura manageriale, che forza la sua natura di calcolo e convenienza nel simulare un entusiasmo giovanile: vorrebbe contrabbandare i sudori freddi per i cavi scoperti e i cementi di fresca posa con un'allegrezza da "finché la banca va", però è consapevole d'essere l'anello debole del concatenamento, se la polvere sotto lo zerbino diventerà collina allora la medaglia del disonore sarà appuntata sulle sue chiappe. Dalle labbra vorrebbe sfuggirgli un "più di così..." con braccia spalancate alla Cristo prefigurando scene di lapidazione e depilazione sommaria; ma Ponolis lo sorregge, non lascia spazio alla malinconoia e trancia infine la trama delle impressioni passando la parola alle mani di Lang Lang, invidiabile ginnasta del piano.
Fa ancora più fresco in piazza a Milano. Ma la temperatura è destinata a salire nel giro di poche ore, senza variazioni del meteo. Ah, meraviglie dell'antico rito protestatario.
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