domenica 24 maggio 2015

Narcosostenibilita'


Sono appena uscito dal padiglione Narcos a Expo 2015. Bella gente, belle novità e tanti miti da sfatare, tante fate da sniffare. Vi do una breve infarinatura. All’ingresso, accolti da un cordiale “bienvenidos, hijos de puta” proferito dalla statua a grandezza innaturale di Pablo Escobar, si viene introdotti in un ambiente di varia urbanità col sottotitolo: spaccati di vita, spacciati a vita e vite spacciate. 

Accompagnati da un’ineffabile orchestrina di opulenti e ululanti mariachi da punta si parte subito alla grande con la stuzzichevole pensata dei selfie con le teste mozzate del cartello di Tijuana, che fa tanto biennale di Caracas ma ci sta. Per acclimatarsi al percorso espositivo si viene investiti da getti d’aria torrida tropicale dalle polveri non troppo sottili sotto luci strappate da una città che non dorme mai. Tanta cura nei dettagli, dai machete chiazzati sangue che indicano la via, alle sagome dei cadaveri che rivelano le postazioni migliori per godersi le installazioni, ovunque è un penzolare di nastri "no trespassing", "police confidential", "perro maldito" come liane per un Tarzan in calo di dopa. 

La mostra fotografica in 3D sui cocaleros è d’impatto, soprattutto per il connesso odorama: sapidi fumi di benzina, l’effluvio putrefatto del sottobosco amazzonico mischiato allo chanel privè dei pestadores, che macinano chilometri sudando sulla pasta di coca come fosse un tapis roulant. Più in là ci si può infilare in un mini sottomarino, autoprodotto in plastica di pedalò romagnolo rimodellata, per buggerare la rete radar statunitense e consegnare carichi di "biancaneve" degni di Ataualpa o forse qualche altro dio, destinati alle narici degli arrotolatori di biglietti da cento dolares. 

Non poteva mancare un omaggio all'immaginario più hollywoodiano del traffico immacolato nella persona di Al Pacino/Scarface presa nello sfavillio delle stroboscopiche e del bagnasciuga della disco anni '70 e proiettata sul soffitto in formato 16:9. Anche la cultura narcotica strizza l'occhio al japan pop ed ecco che la tecnica dei murales di Rivera si fonde con le onde di Hokusai per dare vita alla leggenda di Calì e Medellin, due gemelli che cercano di domare il serpente della polvere bianca che divora l'Occidente. Le copertine shock di Alarma! - ricche di perforazioni craniali ed eccessi stupefacenti - ci conducono nel calderone del far west messicano che ancora oggi fa girare le lancette del body count come le pale di un ventilatore infernale. Lampi di guerriglia tossica dal Brasile al Guatemala e un blob televisivo con le buffe dichiarazioni bushiane sul pugno duro anti droga abbinate ai sottopancia con l'elenco dei compromessi e delle connivenze, fanno da paravento all'ampio e inspirato spazio degustazione. Più piste di quante ne abbia mai prodotte la Polistil, varietà estremamente raffinate servite con posateria argentata fiorentina e leziosi specchietti da borsetta e da giacca armanizzata. L'accessoristica sfocia nella gadgettistica  quando scopri le pipette di Krizia, le stagnole virate acido di Pucci e set di cannucce Fiorucci che fanno invidia alle botteghe di ashi da sushi. Mentre i mariachi prendono fiato tracannando tequile col vermouth, le selezioni di miss e mister Bogotà vi servono il rinfresco su strisce binarie che vi farà fare ciuf ciuf sull'intera cordigliera andina fino ad una virtuale villeggiatura in quel di Macchu Picchu. Non siate ingordi, moderate le aspirazioni e potrete godervi il rap di Ramaya, i sacrifici degli alunni del Sole, il surf coi Beach Boys e una discesa bondiana sulle nevi di St. Moritz. E poi conversazioni ipotetiche con Oliver Stoned, scambi di palleggi rasoterra e a fil di linea del Pibe, caleidoscopiche passerelle di top sul binario del pop ma guardando allo chic di un hip coi suoi killer tic.
Per i più temerari c'è la saletta coca zero gravity, sperimentata da astro addicts come i Fantasmici 4. Ma occorre la prenotazione o almeno un seggio in consiglio regionale.

Direi che l'assaggio rende divertente anche il corner videogame vintage dal titolo "One more for the glory of the hole": un colorato arcade in Atari style che vi mette di un corriere allegro per niente con tanti ovuli in pancia e pochi posti dove scaricare. Trascorso un tempo non misurabile in frenetiche attività sensoriali e logorroiche che vi lasciano il cervello tipo meringa di gesso e il fisico ben asciutto e teso a budello di lemmings venite guidati dall'orchestrina al gate del commiato, dove sventolano fazzoletti per le epistassi, penzolano ridenti scheletri di zucchero dei confidenti troppo confidenti e zucche sforacchiate da calibri di fucili d'assalto. Qualunque varianza del meteo vi attenda oltre la soglia del Narco padiglione, di sicuro non vi farete caso, l'eco dell'ultimo corridos vi strapperà almeno una lacrima.

Ah, quasi dimenticavo, all’uscita vengono regalate pratiche bottigliette di "Enjoy coca no cola" da  15 cl che è altamente consigliabile tenere lontane dai cani della Finanza

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