Stavano così, vicini e intoccabili, distaccati dal separé plasticato e dai compiti gemelli della bigliettazione. Fianco a fianco, uniti dalla contiguità del desk centimetrato e disgiunti dall'occupazione a termine, accomunati nella reciprocità del desiderio, cifrato nello sfioramento dei gomiti e nei variabili accenti sulle consegne dei resti monetari. Due amanti incatenati invisibilmente, dinanzi alle muraglie verticali degli entranti serali a Expo: 5 euri nulla compreso, manco il fatto che si sarebbe chiuso in qualche giro di lancetta lunga, giusto il tempo di arrivare al padiglione del Mojito della Basilicata con piano bar live dei Tuttifurti.
Gianfranca e GianMario, così vicini così distinti, nelle divise bianco latte con lo stemmino sul taschino, entravano in servizio la sera, proprio per fare fronte all'invasione dei gaudenti notturni. Ma ad orario scaglionato, ed essendo assunti da due agenzie diverse restavano incasellati in due segmenti temporali che non combaciavano, se non nella contemporanea presenza fisica alla gestione della cassa. E se fisicamente la legge dell'attrazione aveva svolto il suo corso maggiore avviluppandoli in onde di gravitazione centripeta che sviavano lo sguardo e accendevano rossori, latitava l'opportunità dell'incontro fisico.
Gianmario e Gianfranca erano due giovani ventenni davanti ad un prato di speranze malandato, semi estirpato dagli unni del malgoverno e brucato alla peggio dalle generazioni precedenti. Il futuro per loro restava schiacciato sul presente prossimo come il pane sul companatico. Entrambi di famiglia piccolo borghese, di quelle che sfacchinando avevano tirato su la testa negli anni '80, avevano traballato negli anni '90 e infine riposto i ferri del mestiere mentre Bin Laden diventava di moda per lasciar posto ai figli. Posti che - sia detto - non ci sono più. Ma Gianmario e Gianfranca la trafila l'avevano seguita: avevano studiato, l'obbligo, le superiori e poi le lauree brevi, che c'era fretta di portare in casa qualche soldo. Sacrifici, rinunce, dileggi degli amici ricchi o dilapidatori, ma il pezzo di carta l'avevano portato a casa. Peccato che il recinto dell'occupazione fosse già chiuso: il cartello portava la scritta "crisi". Un lungo tunnel senza il conforto di prospettive, soltanto getti di coriandoli di promesse per mandrie elettorali.
Gianmario e Gianfranca si erano comunque rimboccati i jeans finto Armani per affrontare il guado del precariato privi del conforto visivo dell'altra sponda affidandosi a quel che la corrente portava: call center, vendite porta a porta, sondaggi, promoter in centri commerciali, commessi stagionali, sostituti portalettere. E nel mezzo dello sbarco del lunario iniziavano ad avvertire i disagevoli sintomi di chi è depredato del tempo della sua vita, delle amicizie, degli affetti, dei progetti esistenziali. Da vivere restavano soltanto dei ritagli difformi e informi: tre quarti d'ora, mezze giornate in trasferta, minutaglie di autobus, scampoli di mattinate rovesciate nella parte sbagliata del sonno. Il risultato? Relazioni sociali semi azzerate, sbriciolate, affidate al vento della fortuna: gli amici se ne vanno, gli amori appassiscono e resta soltanto la voglia. Una voglia che non sa esprimersi e martella la testa, indurisce lo spirito, rende ombroso l'umore. In alcuni casi l'affossa.
Ma la gioventù ha sensi fini e così era per Gianfranca e Gianmario, ventenni di bell'aspetto - che altrimenti non ti prendono, neppure alle casse dove la scelta del consumatore dovrebbe essere irreversibile - e soffici modi urbani - che non sai mai se chi ti sta a fianco è un supervisore sotto mentite spoglie - era iniziato un muto corteggiamento di sguardi e sorrisi che poteva competere con le complesse missive dei reclusi Abelardo ed Eloisa. Sul fronte del lavoro non erano ammesse parole se non quelle rivolte a colui che ha sempre ragione (finché non ha pagato) e poi incanalati per uscite diverse nel sottobosco degli addetti gli amanti promessi finivano per smarrirsi, pur tentando più volte di rintracciarsi. Motivi di sicurezza impedivano lo stazionamento di soggetti sfaccendati nel retrobottega della grande esposizione. Capitava così che Gianfranca impiegasse ben cinque minuti per allacciarsi una scarpa sperando di vedere Gianmario uscire dal suo cubicolo. Ma niente. Gianmario tentò di imbucarsi nei bagni per depistare i controllori, ma gli addetti armati di scopettone ligi ai rigidi turni di pulizia lo sloggiavano via dal suo nascondiglio.
Eppure ormoni e feromoni si erano già stretti la mano come sensali di una unione che s'aveva da fare, imprescindibilmente. È così accadde: il separè di cui sopra, che rendeva le postazioni della biglietteria simili a cellette per polli, era costituito nella parte superiore da plexiglas e in quella inferiore da una sottile lastra di compensato impiallacciato di bianco. Proprio quest'ultima parte, non visibile al pubblico, era stata vittima della fretta di realizzo del complesso biglietteria. In pratica stava appesa con quattro graffette galeotte. E nel giorno x deciso dal destino di una sera con 500 visitatori già accodati alle casse, le fatidiche graffette, provate da calura e micro vibrazioni oppure semplicemente inchinandosi al volere del bizzoso Cupido, decisero di mollare le tavole di compensato d'un botto. Cavallerescamente il tavolato piombò sull'alluce di Gianmario che lanciò un ahio! ben maschio e distinto, catturando subito l'attenzione di Gianfranca.
- Che c'è? - si volse subito trepidante scoprendo nello sguardo del suo lui una smorfia convertita all'istante in celestiale contemplazione. Ad entrambi non sfuggiva che al "video" si era aggiunto "l'audio". Lo stolido muro divisorio era infine caduto e le voci degli amanti segreti si potevano finalmente incrociare.
- È caduto questo coso. - fremeva Gianmario.
- Vedo c'è un buco e adesso come si fa? - rabbrividiva Gianfranca.
- Non so vedo di sistemarlo, non vorrei l'addebitassero a noi. - s'illanguidiva Gianmario.
- Oh, no, già per quello che prendiamo. - sussurrò Gianfranca.
- L'hai detto - sancì Gianfranco tuffandosi sotto il bancone per poi riemergere subito in un barlume di cortesia per la clientela: ....mi scusi signora, abbiamo un problema, torno subito.
E Gianmario si rituffò sotto il bancone biglietteria. Gianfranca guardò l'uomo in attesa del suo resto, gli sorrise come per dire - c'est la vie - e poi andò sotto pure lei. In un attimo Gianmario e Gianfranca si trovarono faccia a faccia, senza divisori, senza linee di confine, occhi negli occhi e labbra...labbra da baciare. Un filtro magico non avrebbe fatto meglio, offuscando doveri e discipline per il trionfo di un piacere troppo a lungo macerato nel desiderio incompiuto. E dal bacio, venne la carezza e dalla carezza, un bacio ancor più lungo e appassionato.
A poche manciate di centimetri, appena rassicurata da Gianmario, stava Ornella Troiani, 37 anni, nubile ossia zitella, con un piede nel campo della rassegnazione sentimentale e l'altro in un ufficio d'amministratori di condominii. Una signorina un po' puntigliosa che l'aspetto secco e il volto giallo per qualche problema di fegato trascinato da una adolescenza troppo indulgente in dolciumi al cioccolato, rendevano poco simpatica ai più. Nondimeno era maturata in lei l'idea di poter trovare in serata un valido corteggiatore al piano bar della grande esposizione. E per l'occasione s'era messa un vestito da sera ad ampio scollo sulla schiena e capelli nero pece raccolti a chignon modello Eva Kant. Al suo fianco, congedato da Gianfranca, in attesa di un resto monetario stava Otello Troietti, cinquantenne cintura nera di karate e baldo insegnante di Krav Maga per scelta - con quel cognome! - maglietta scolpita sui pettorali da copertina di Men's healt e gambe un po' divaricate per via dell'eccessivo carico muscolare sull'interno coscia. Otello aveva il cranio abbronzato e rasatissimo, decorato con motivi di ricrescita pilifera che il fantasioso parrucchiere aveva modellato ispirandosi a cerchi nel grano e grafiti tribali. Otello e Ornella si scambiarono uno sguardo da ascensore, quelli che l'istante dopo ti portano a scrutare la targhetta del peso e capienza massima o le affascinati disposizioni numeriche della pulsantiera.
Passato il primo lunghissimo minuto di attesa fu chiaro che il temporaneo problema si era arricchito di qualche complicazione. Del resto provate voi ad amoreggiare attraverso una breccia di Porta Pia larga una sessantina di centimetri! Gianfranca e Gianmario stavano facendo del loro meglio. Ornella invece, ampiamente stizzita, fu tentata di battere il piede a terra, operazione altamente sconsigliata alle portatrici di tacco 12, quindi si accese provocatoriamente una sigaretta suscitando un'ondata di proteste dal fondo della fila in crescita. Che fa fuma? Ma si può? No che non si può! Mamma quando entriamo? Otello aveva finito il serbatoio di pazienza e al terzo "allora?" senza risposta concluse che stavano cercando di fregargli il resto, magari col trucco del cambio turno in cassa. Solitamente era più conciliante, giocava meglio le sue carte, i conflitti li gestiva come gli scontri sul tatami in palestra, ma la coda rumoreggiante alle spalle e l'apparente calma fumante della sua vicina lo incitavano e lo eccitavano. E iniziò a sbraitare... inutilmente: l'amore infatti è cieco e anche con l'udito non sta messo bene. Gianfranca e Gianmario, ormai avviluppati, erano nello stadio della totale incuranza del circostante.
Otello appannò il vetro divisorio che tanto igienicamente preserva i bigliettisti dagli alitanti avventori con un definitivo "Allora!" ormai sul tono di aperta minaccia. I cassieri delle file in regolare svolgimento ebbero la netta e si bloccarono mentre il tapino Otello sferrava un colpo di maglio nel l'unico punto debole della complessa cristalleria frontale della biglietteria. Il vetro-parete di oltre duecento metri quadri, toccato nel segreto punto di pressione, implose in un catastrofico crash che in una pioggia di granuli trasparenti liberò i cubicoli. Lo spavento generale fu tale che Gianfranca e Giamario ebbero secondi preziosi per ricomporsi e cavarsela con una lieve reprimenda sulla scarsa tempestività di soccorso nei casi d'emergenza (tradotta in trattenuta sul compenso giornaliero). Incredibilmente tanti danni e ancor più paura non comportarono alcun ferito. L'unica perdita fu una pessima scivolata sotto la media delle presenze alla fiera dei record. Ornella e Otello si sposarono l'anno seguente, il racconto del loro incontro casuale è uno dei pezzi forti dell'aneddotica di famiglia, anche perché tra i regali di nozze c'era il fondo per ripagare la distruzione della mega vetrata.
Gianfranca e Giamario? Lei si è trasferita a Berlino come ragazza alla pari, lui ha un part time in una ditta per l'eolico in Barbagia. Si sentono via Skype.
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