sabato 19 dicembre 2015

Risvegliatemi quando mi tornerà la Forza



Ci pensato un poco e poi ho scelto. Dove e come guardare il nuovo film di Guerre stellari? In una multisala, stile catena di montaggio? In un cinema d'essai tentato dall'incasso pieno? In versione 3D? Con amici cinefili?

Ho scelto la visione solitaria e in una sala parrocchiale, proprio come accadde nel 1978, quando vidi episodio IV (il primo della saga). Quindi proprio solo non ero, ma circondato da famiglie e soprattutto tanti giovanissimi spettatori che forse per la prima volta vedevano Guerre Stellari al cinema.
Previdente sono arrivato con mezz'ora di anticipo e infatti c'è già fila. Ma non per i biglietti, quella scorre veloce, l'intoppo e' il bar, assediato da piccoli questuanti di patatine, cioccolata e dolciumi a pasta molle, la manna dei dentisti. Per la sopravvivenza del cinema ormai anche questo è parte del core business.

Trovo un buon posto in posizione centrale. Non ci sono sedili numerati e si fa tutto con tattica e cortesia. Noto che le stesse accortezze le hanno altri vegliardi del mio stampo. Tutti in formazione serrata sull'asse centrale, mentre i piccini stavano davanti e i teenagers riottosi distribuiti sulle ali. 

Poche chiacchiere su quel che si vedrà, senza i drammi degli spoiler. Soltanto qualche ripassino tra amici, specie le mogli che confondono l'episodio uno con il quarto, oppure chi ancora non ha digerito la guerra dei cloni. I bimbi davanti sono quieti, ruminano le loro patatine felici della libera uscita. Tra scuola, corsi e sport immagino che abbiano già imparato la dura legge del tempo contingentato. Hanno scelto di stare davanti, avanguardia dello spettatore che si immerge nella visione: lo schermo che li ha accompagnati nei loro primi passi li abbraccia come un grande padre.

I teenagers di cui sopra sono quelli della fascia bassa, sotto i 14, gli altri over sono già raminghi serali in branchi. Il sabato sera non è fatto per seppellirsi al cine, ci sono già piccole avventure da vivere. Nel secolo scorso si lottava per un cinema nelle poltrone di fondo, la zona franca, oggi i giovinetti imberbi son pronti per i disco pub e gli strusci cittadini.

C'è qualche eccezione: coppiette di giovani nerd che certificano il successo di Big bang theory. Nell'aria aleggiano schegge olfattive di Axe, vapori d'acque di gio ed effluvi di minestre e tranci di pizza mal deglutiti per giungere in tempo alla proiezione. Che parte puntuale e senza le incombenze pubblicitarie e le anticipazioni dei prossimamente. Quando i caratteri gialli sul fondo stellato fanno capolino...un tuffo a cuore, lieve lieve. Gli ultimi schiamazzi degli inquieti vengono presto inghiottiti nella visione di una storia fuori dal mondo.

Ed è questo il vero successo del Risveglio della forza. Film che io, con quaranta e passa anni di racconti per immagini alle spalle, posso liquidare come una riuscita frittura mista - in olio per altro ampiamente usato - ma per loro, per i giovani che nelle scene clou hanno incitato gli eroi e hanno applaudito, questa è una pietra miliare: finalmente hanno il loro Star Wars. Anche loro potranno dire, io c'ero. Il passaggio di testimone non sta più nella solita spada laser (che diamine di garanzia aveva...) che vediamo consegnata sul grande schermo, ma nella stretta di una passione che si tramanda dai padri (madri incluse eh) ai figli. 

Il grande spettacolo di Guerre Stellari si è rimesso in movimento, ma da spettatore scafato confesso che ai miei occhi non è più tutta questa "forza". Mi è parso un buon pilot per un robusto serial, con tanti dejavu e pochi stimoli ad una autentica curiosità. La meraviglia, la vera moneta d'oro, non sta in questa galassia lontana, ormai preda di intrighi, cattiverie, ravvedimenti e rivolgimenti come in un qualsiasi paese del nostro pianetucolo.

Buon viaggio Star Wars, e' stato bello sognare insieme, adesso ti lascio ai desideri di chi ha più tempo per perdersi nei meandri del tuo fantasioso mondo, un posto lontano che ricorderò sempre con l'affetto di una vecchia casa dove ho vissuto.
 

sabato 28 novembre 2015

Il Risveglione della forza

Episodio sette: il risveglione della forza


Tutto comincia sul pianeta Panerai dove ogni cosa gira puntuale per il verso giusto: la gente è pacifica e quieta, le guerre con l'impero sono un lontano ricordo, si vive di pastorizia, tangenti, logaritmi e sabato si canta insieme in armonia, con gli abeti inghirlandati. Facciamo in tempo a intuire che dietro ai sorrisi smaltati si celano valanghe di noia e segreti morbosi peggio degli incubi di Laura Palmer,  quando irrompe un commando di quattro sith, che somiglia tanto agli One Direction to hell, e mette un anonimo villaggio di produttori di olio di gomito dop a ferro e... laser. "Dove sta?" interrogano il solito vecchio caprone in accappatoio di tela grezza Yves St Laurent. Questo smorfia: non ve lo....e zacchetè via la testa. Justin Sith si arrabbia. Il decapitatore, Jody Sith, si giustifica: tanto non parlava. E Justin gli tronca una delle otto mani con lo spadone crociato: Pirla! Ma stava per pensarlo!

Mica male come inizio. Poi la scena si sposta a Brugolandia, centro galattico per la compilazione dell'Isee e lo spaccio di chipsters ai 3 formaggi. Qui due droidi protocollari stravecchi ma stranoti stanno per essere avviati al centro riciclaggio molecolare. Attendono tristemente sulla piazzola ecologica con sguardi di lamiera arrugginita. Poi arriva uno sprinter e una misteriosa mano pelosa li raccoglie usando un calamitone e filano via sotto i sei occhi di un vigile con la testa di mucca e i piedi di balsa.
Altro cambio di scena - troppo frenetico? Siamo in un film di J.J. Abrams alla fine faticherete a ricordare la vostra password di Facebook - ancora su Brugolandia nell'ufficio della sovrintendenza alle arti varie. Al centro c'è lei: la dottoressa Darla Tomorrow, una ricercatrice impegnata nella ricostruzione storica delle vicende che hanno portato alla sconfitta dell'impero, che strepita contro un archivista Pandistelle perché le nega importanti informazioni su Anakin Skywalker (alias Darth Wader, per i più distratti) e i midchlorians (era il suo periodo electro flower power). Darla non si capacita di tanta ottusità e il suo capo, il dottor Frank Stoned, allibisce insieme a lei. Dopo aver allibito, doccia veloce e via su Tattoine per un'indagine sul campo. Qui fanno domande in giro, ma la gente non sa molto e preferisce i cruciverba a schema libero. E' come se sulla storia degli Skywalker avessero una specie di blocco mentale. Come quando ti capita di incrociare le gambe di Belen in televisione. Così vanno al bar, già, il solito bar con le facce da rettili teppisti, scafisti libici e i contrabbandieri di forfora. Frank però sbaglia a ordinare le pappardelle al sugo di lepre davanti ad un Bianconiglio di Barenboin e scoppia la rissa. Ma ecco che una mano pelosa estrae uno storditore modello archibugio e raglia forte: è Chewbecca insieme a un vecchio. Boato in sala! Prime voci di bimbi: Papi, chi è quel vecchietto? Han solo, come per rispondere al quesito, spara in faccia al barista: Questo è per le olive ascolane. Tripudio in sala!  

Segue uno spiegone con inseguimento incorporato e demolizione delle infrastrutture del pianeta sopra i due piani. Han e Leia hanno divorziato da una vita, lui è tornato a fare il camionista ai margini della galassia, ma qualcosa lo ha portato di nuovo in città: i Sith non si sono estinti, sono tornati e stanno facendo sfracelli per trovare qualcosa. Cosa non si sa, perché non lasciano testimoni. Frank e Darla sono allibiti ma con Chewbecca in mezzo si sentono a disagio e allora decidono di rompere le scatole a Leia che in zona ha aperto una scuola di burlesque e sta con un ragazzetto nero, tale Lindo Carlissian (molto apprezzato dalle signore perché sa concentrare la forza su unico organo: indovinate quale?). In prima battuta non è contenta di vedere il suo ex, ma cosa volete, un giro sul Millennium Falcon non si rifiuta mai. Così pianta di punto in bianco un promettente stage di lap dance e si butta insieme a Lindo nella nuova avventura. 

La minaccia sith richiede misure estreme e nessuna pietà (già sentita anche questa no?) e occorre avvisare del pericolo il maestro jedi più potente in carica: il buon Luke. Che, appunto per tenersi "in carica", se ne sta bello fresco in un saggio romitaggio sul pianeta Hoth. Tra l'altro condivide una caverna con uno yeti cornuto e monco che gli fa da maggiordomo, ma è una vecchia storia. Sulle prime Luke è un po' freddino (-30° in superficie) non crede a nulla del complotto e non vuole rinunciare alla sua dieta di ghiaccioli e granatine senza olio di palma per rituffarsi nelle terrene vicende. Luke sostiene che la sua assenza dalle cose del mondo assicura la stabilità della forza, che i cavalieri jedi non devono più interferire negli equilibri cosmici e che il frappé con latte di yak è il migliore in assoluto. 
Intanto Chewbecca sta riparando con Lindo i due vecchi droidi e quando li rimette in funzione Luke riconosce gli amici C3pio e R2d2. Siparietto nostalgico e malinconie jedi-napulitane. Ma e' l'intraprendente Darla, durante una partita a Trivial pursuit, a scoprire che i droidi conoscono il luogo dove è custodita la mitica spada di Anakin. Darla lo racconta a Frank che non allibisce, ma fa una faccia strana, a strisce rosse e nere.

Tutto piglia una nuova piega quando dopo la merenda a base di kit-mangiatutto, Frank attacca Luke e lo ferisce gravemente. Frank e' in realtà Jeb Sith, demolisce il millennium Falcon e scappa con Darla in ostaggio. Han si incazza: non aveva rinnovato la polizza. Si viene a capire che i sith cercano la spada di Anakin per iniziare una santa rivolta usandola come reliquia (equazione Darth Wader e padre pio: teribbbile). Luke, ormai in fin di vita, incontra lo spirito di Yoda che gli spiega quanto è stato fesso a starsene al fresco per anni quando ci sono pianeti con spiagge bellissime, ragazze in bikini e litri di daiquiri. Il vecchio maestro gli concede un bonus vita - da qui il titolo il Risveglione della forza - ma dovrà fare tutto entro la mezzanotte o si trasformerà in una zucca alla vigilia della sagra dei tortelli...brrr.

Luke si sveglia, ripara il Millennium con la sua super forza in una sequenza di moviola che ci riporta ai fasti del Processo del lunedì. Gli amici e i fratellini Skywalker partono alla caccia dei sith: prima fermata prevista, il pianeta Scaldino dove Anakin ci ha lasciato lo zampino. Han guida come un folle, attraversa un buco nero, il casello di Capriate San Gervasio e la legislatura di Mario Monty, arrivando in contemporanea con i quattro sith dell'apocalisse. Botte da orbi. Ci lascia le penne Jus Sith, il quarto sith, batterista simpatico ma poco significativo. Darla viene liberata da un intrepido Chewbecca che stordisce Jeb Sith usando C3pio come clava. Ma la ricerca della spada pare vana. Può essere che abbia fatto la fine del mitico naso della sfinge, sottratto da un commercialista di Cincischiello Balsamo e ora in bellavista nel suo tinello? 

Mentre Leia fa shopping con Darla lungo un corso di lava e lapilli si imbattono in un chiosco della Pro loco e tra le attrazioni consigliate, udite, udite, c'è proprio la spada nella roccia. Originale eh? Diavolo di un J.J. Abrams... Un blocco di lava che contiene una mano che stringe una light saber. Leia chiede quanto costa, però il signor Merlino tergiversa. E fa male perché Jody sith - anche se con sette mani sulle otto originali - lo affetta fino fino fino come un gran biscotto, agguanta la roccia, fa un murales di Matisse in segno di sfregio e scappa via.

Darla, che durante la prigionia aveva sbirciato il calendario appeso alla parete dell'astronave sith, sa bene dove è diretto: al Gran convegno di fantarcheologia su Brugolandia. In realtà si tratta di un'assemblea dei sith pronti a lanciare la rivolta in tutta la galassia, meno la Svizzera ovviamente.
Altra corsa sul Millennium Falcon che all'improvviso viene attaccato da Jeb sith lasciato in perfida retroguardia con un'orda di minidischi vegani a forma cranio di Bobafett. Luke, che viaggia in business class su un biposto con R2D2, ne stermina un paio di ondate, ma sono veramente tanti. Allora fanno il gioco degli anelli di Saturno tuffandosi contromano nell'orbita di un pianeta gigante appena fuori dal casello della superstrada galattica. Urti, tamponamenti e constatazioni amichevoli non si contano. Jeb sith capisce che si mette male e plana su un asteroide ed evoca lo spirito del grande sith - misterioso figuro inquadrato tutto in ombra - per un attacco gravitazionale che schiaccerà Luke sul pianeta. Un'energia tremenda si mette in moto e pare non vi sia scampo, ma Jeb Sith vede apparire Darla, allibisce e abbassa guardia per un attimo fatale: Han Solo e Chewbecca lo folgorano, Leia lo trita, Lindo lo sputazza, R2D2 lo sminuzza, C3pio lo impiatta con fave e Chianti. Luke e' salvo ma preoccupato per l'incipiente calvizie, non vorrebbe fare la fine del padre. 

Su Brugolandia intanto Jody sith consegna la preziosa spada di Darth a Justin sith che la chiude in un prezioso cofanetto Sperlari in attesa della rivelazione in Galaxtovisione. L'auditorium - curiosamente simile a un Big Kahuna burger - che si sta riempiendo di presunti professori di storia della jederia, tutti passati indenni ai controlli delle guardie e dei body scan. Nessuno ha notato che i sette milioni di convenuti avevano in tasca un ovetto kinder (pubblicità canaglia!) contenente un mattoncino da un centimetro. Justin sith se la ride, il piano sta per riuscire: in un colpo solo dichiarerà la rinascita dell'impero sventolando la spada di Darth e avrà a disposizione una formidabile macchina di morte. I mattoncini infatti attivati con l'accensione della light saber andranno a combaciare uno con l'altro fino a costituire una Morte nera doc in scala 1:25. Se pensate che sia una trovata per proiettare le vendite dei Lego dove nessun fatturato e' mai stato prima...ci avete azzeccato.

Ma ecco che arrivano i nostri: atterrano dritti sul tetto dell'auditorium saltando il passaggio in dogana e i pedaggio del parcheggio, picchiano e spingono la carrozzella con un Luke semi bollito per lo sforzo nell'impiego della forza. Anche Han ha il fiatone, mentre Sora Leia mena di brutto grazie ad uno stile di vita salutare e al fatto che si è risparmiata anni di lavaggio dei calzini dell'ex. Darla, Lindo e i droidi stanno in retroguardia e cercando una via più spedita e meno cruenta passano per le cucine, travestiti da apprendisti chef. Ma C3bio fallisce miseramente la seconda prova sull'insalata matematica all'olio di Jabba: gli infiltrati sono così presi, impacchettati e portati al cospetto del master. Il marionettista cattivone si rivela infatti nella sua malefica persona: e' il grande Bastiansith, pronipote per gemmazione del calcagno del fu imperatore Palpatine. Dopo i convenevoli di rito e qualche avances ambigua Darla e al droide dorato, il cattivissimo se' ordina, nell'ordine, la crocifissione in sala mensa, una veloce sbollentatura, farcitura di rito con verdure di stagione e aromi di fortuna, quindi: buttate tutto nella psico pattumiera e ordinate una pizza integralista! I sith da cucina sono un po' perplessi e R2D2 sguscia via. 

Intanto il quartetto geriatrico jedi arranca tra stormi di troopers e psico trabocchetti che provano il già provato Luke: offerte sul wifi, petizioni ambientaliste, polizze vita. Mentre Leia, Chewbecca e Luke esaminano gli ologrammi dimostrativi di un interessante azienda idraulica che trasforma il box doccia in vasca da bagno, ecco la nuova aggressione. Di nuovo gli penzola addosso il temibile Jody sith che ruota quattro spade, spara con due fulminatori e firma autografi alle comparse morenti. È davvero il duro della situazione e il pubblico lo elegge allo status di supercool. Perciò quando si para davanti al pensionato con il gilet nero, non si sa bene per chi parteggiare. Il vecchio Han osserva i volteggi letali dell'avversario, strizza gli occhi cisposi, arriccia il naso e infine molla un potente starnuto con filo di moccio verde incorporato che investe in pieno il povero Jody. Per il sith e' la conclusione di una brillante carriera nell'oscurità del complotto maligno: piomba a terra colto da un tremito disordinato degli arti che scivola rapidamente nel rigor mortis. Han gli mostra il dito medio e pronuncia un calcistico: supercool!

In sala mensa lavori in corso, stanno innalzando delle croci pagane a forma di radice quadrata. R2D2 di soppiatto raggiunge il pulsante dell'antimateria - ne hanno sempre uno nei palazzetti di Brugolandia come misura antincendio, il fatto di disintegrare l'edificio e gli occupanti e' un problema secondario - e col suo braccino lo pigia. Peccato che i lavori li abbiano subappaltati ai soliti Kaminoani, famigerati per loro precisione. Così il bottone pigiato diventa antimateria e svanisce. R2D2 allora pigia una serie di tasti a caso: aziona l'aria incondizionata, lo spremicriceti, lo stira posters e il servizio call center "richiamami alla fine del mese che tanto non avrò soldi" della Oliphone. Poi schiaccia un pulsante tondo tipo "arresto ascensore" e da una parete casca un pannello decorativo della battaglia di Utapau che sembra un toast bruciato. Al contatto col pavimento si sbriciola rivelando...un jedi bell'e' pronto alla pugna. Il suo nome? Gordon Jedi, già liberatore delle Cucine oscure, caduto nelle grinfie di Bastiansith dopo uno scivolone di auditel. R2d2 gli spiega rapido la situazione mentre Gordon spadella e flambizza i servitori dei sith, gli associati in accomandita semplice e una comitiva del dopolavoro bavarese in viaggio premio.
A questo punto JJ Abrams si rende conto di aver aperto troppi canali narrativi per lo spettatore medio di Star Wars e decide che serve un bel colpo di di genio. Prende la gran sala convegni, la trasforma in astronave, la fa decollare parcheggiandola tra le nuvole di un tramonto fiammeggiante di raggi. Da una cupola spunta la sagoma nera di Justin sith che ha iniziato il conteggio degli ovetti necessari al completamento della sua Morte nera.

Intanto gli arredi interni sono profondamente cambiati: le porte scorrevoli hanno lasciato il passo a quelle girevoli, gli ascensori ai montascale. E nel traffico si perdono e si mescolano i gruppi: Luke cade dalla sua sedia lievitante e attraverso un condotto popolato dai pupazzi del Muppet show giunge in sala mensa. Qui le croci sono state apparecchiate, i droidi imbavagliati e l'acqua bolle nelle pentole per il gaudio di Bastiansith. Luke decide che è il momento di restituire il suo spirito alla forza: libera Darla e Gordon. E poi si immola su una portata di salmone scozzese con sfarzo di colonna sonora: epica a mille. La forza è libera qual piuma al vento e rinvigorisce il duo che non fugge, anzi contrattacca gli sgherri di Bastiansith, il quale è così poco preoccupato che da ordine di preparare una variante della Carbonara adatta ai palati dei vegani. Come al solito non ha fatto conto sull'arrivano i nostri: Han, Chewbecca e Leila hanno trovato la strada e lo accerchiano.
- Voi volete che io muoro? - domanda il terribile Bastiansith.
Risponde il terribile vecchietto Han: per me è un sì!
E tutti in coro gli sparano addosso. Quello usa la forza nera per difendersi, ma il flusso d'energia che gli fa da schermo rapidamente lo divora e viene risucchiato nel tubo dell'antimateria stappato da R2d2, proiettato in una dimensione alternativa per riassemblarsi sotto forma di fumo senziente nella foresta di un'isola tropicale. Non si capisce che posto sia, facciamo soltanto in tempo a scorgere la porta di un rifugio antiaereo con il simbolo Dharma e via, si stacca di nuovo in Star Wars.

E' il momento della mestizia quando comunicano ad Han e Leia che Luke ora "dorme con i pesci", come Luca Brasi (ma non era uno jedi). Qualche lacrima sul viso, ma infine si matura la decisione che è tempo del passaggio di consegne: saranno Darla e Gordon a guidare la riscossa dei forziani. E dopo aver affrontato un drago, il lupo Ezechiele, il fantasma del pirata Barbanera e la carica dei 101 cujo, guadagnano il livello cupola. Justin sith li attende con la serenità che contraddistingue i cattivi a un passo dalla disfatta.       
- Arrenditi! - gli intima il duetto degli eroi.
Ma lui fa spallucce: - E se vi dicessi che in tasca ho una nana nera?
- Lurido Pervertito! - esclama Darla.
- Ma no. La nana nera mi serve per mettere assieme i pezzi della Morte nera!!! E cosa avevi capito? Anche se mi ammazzate la nana nera attirerà i componenti meglio di Jeeg robot! 
Segue discorso di reclutamento con prospettive di avanzamenti di carriera e vantaggiose agevolazioni fiscali. Prospettive schifate dai nostri, ma non del tutto rigettate. Ecco che entra Lindo Carlissian: Ok, mi hai convinto: dove si firma?
Justin sith si distrae un attimo a cercare i moduli di adesione e la tessera sith, mentre sbuca un rapido R2D2 (da sempre l'eroe di tutta la saga: verificate quanti momenti cruciali risolve col suo cervellino di latta) e lo sbilancia con un marameo elettronico. Lindo solleva la nana nera - che essendo una stella collassata è piuttosto pesantina - usando la forza, la passa a Darla che crossa per Gordon che di testa insacca contro la cupola. Si spacca tutto e volano via nell'ordine: Justin sith con il cofanetto Sperlari della spada di Anakin, le tessere sith (numerate, beato chi le piglia), alcuni faldoni delle lettere di Moro, la formula della Coca Cola trovata nella piramide di Cheope e un'antica civiltà di licheni prosperata nell'umidità a bordo cupola. R2D2 si ancora con il suo rampino magnetico e il trio, facendo catena umana, si salva. E salva è pure la galassia tanto lontana, liberata dalla nuova minaccia sith. Ma è proprio così? Il partito jedi festeggia e si banchetta, come da tradizione, nella pizzeria Bella Napoli di Brugolandia. Han e Leia litigano sugli antipasti di mare, Lindo e Chewbecca disputano sulle rispettive "lunghezze", C3pio fa il numero della testa svitata imitato da R2d2. 
Darla è un po' pensierosa e Gordon se ne accorge: tutto bene?
- Sì, dice lei, mi è venuta una voglia improvvisa di...stufato di sabbipode. 
E intanto si tocca il ventre con aria perplessa e preoccupata come per contare i giorni andati e allibiti con il fu boyfriend sith.
Gordon ammicca verso il pubblico: A forza di Darla... 
Fine.

Ma ci sono i titoli di coda con musica. E chi si muove. Anzi tutti al posto in religioso silenzio. Come in attesa di qualche colpaccio: tipo un trailer, un teaser, un buono sconto sul cappellino firmato. Mentre scorrono i nomi che il solito saputone conosce a menadito e segue già tutti via twitter. La musica fanfaresca tace all'improvviso: lo schermo si fa nero e poi si popola di caratteri rossi incandescenti: Impero mon amour! dicembre 2017.
È finito. E' passato anche il The end dei titoli di coda. Si sentono singhiozzi in sala. Parte l'applauso: 27 minuti di fila con accenni di inno nazionale "Fratelli di Star wars, la forza si desta, dell'elmo di Wader si cinge la desta, dov'è la vittoria che schiava di Jabba un sith la rubò?". E si esce dal cine, mano nella mano col pensiero già fisso alla data fiammeggiante.

ps
Per inciso, sempre all'ingresso del cinema c'è stato anche piccolo fuori programma: in biglietteria distribuivano delle cartoline ricordo autografate dal parrucchiere di Lucas con ciocche riprodotte da stampanti din 3D. A un certo punto un tipo sbuca fuori dalla fila per fare il furbo, agitando un telecomando e strillando una roba tipo "All ha akba...". Ma non ha fatto in tempo a finire perché un cosplay di Chewbecca di due metri lo ha steso con un cartone, ragliando il suo disappunto. I bambini sith hanno fatto il resto.  

giovedì 26 novembre 2015

Star Wars 7 anteprima parte 1


Per la serie tormenti acuti alzi la mano chi non si è rotto del conto alla rovescia per il nuovo Star Wars. Ok, arriva, sta arrivando, mancano 20, 19, 13 giorni... Che ore sono? Intanto c'è in tivù c'è il trailer, sul web il finto spoiler, la prevendita della spada crociata, l'intervista muta al regista, la corsa della morte in biglietteria, la reunion degli elettricisti di episodio I, la pizzata già prenotata con gara di rutti ewoks...etc.etc. 
Ma il film? Come è? Grazie ad uno strappo offerto sul ciclomotore del dottor H. G. Wells, ecco allora la recensione in anteprima del film. Una primizia di ritorno da un prossimissimo futuro. 



Il settimo gingillo

Arrivo sull'obiettivo con due ore di anticipo, come un Capo Oro che cavalca le onde gravitazionali col muso del caccia ala X puntato dritto sulla Morte nera, alla quale peraltro ho già versato il tributo di una lauta prevendita. Dopo un primo assalto fallito a sportellate davanti all'ingresso del parcheggio, dirotto su un posto auto di fortuna, in zona...meglio dire nel sistema stellare Degobah perché attorno alla multisala sembra siano piovute auto. Auto piazzate sui marciapiedi, moto in mezzo alle aiuole, suv dentro i cestini porta rifiuti. Colto da panico, piazzo la mia utilitaria di fronte a una pizzeria d'asporto, lasciando il motore acceso e portiera spalancata per non destare sospetto. Quindi mi involo verso l'agognato cinema: manca mezz'ora all'ora X. 

In teoria non dovrebbe essere un problema, la multisala offre stasera soltanto Star Wars in sette sale. Su sette esistenti. Si può scegliere la versione 3D, Hd, senza glutine, con carne rossa a km zero, in bianco e noir per i d'essai d'antan, e per chi vuole tenersi in forma maxi-schermo con cuffie e tappetino per zumba. Esiste anche una visione vip nel privè sensurround rallegrati dai sofisticati manicaretti di Cracco e Gabbana: capesante scamosciate di Tatooine su letto di panpepato in borchie e crinoline, sushi in doppiopetto alla Gungan con salsa montgomery, tenere lingerie d'Organa in crosta d'aloe, spumante degassato Gran riserva Palpatine servito in ghiaccio di Hoth.

Con lingua formato sciarpa e scarpe arrostite nell'attrito della corsa, raggiungo l'atrio schivando i soliti birilli che fumano l'ultima sigaretta con accendini light saber. Ho già il biglietto in mano, assicurato al polso 15 giorni fa con una pratica catenella anti smarrimento e incapsulato in un contenitore ignifugo e idrorepellente, quando impatto nel tappo della coda. Eh già, perché anche se hai prenotato otto mesi prima stai in coda. L'hanno fatto tutti quanti! Un nanosecondo di click prima di te. E adesso ti stan tutti davanti. Cianciando e borbottando, sgranocchiando e bofonchiando citazioni per nascondere il fremito dell'eccitazione bambinesca. I più con capi firmati dal merchandising dell'ormai eptalogia lucasiana che, per diffusione e notorietà, può sfidare a occhi chiusi i marchi Prada, Google e Coca Cola. Puoi far finta di ammirare la solita famigliola tenerona che incarna Darth Wader e le sue truppe, però la coscia discinta della cavallona lungocrinita in tenuta da schiava di Jabba tiene sotto scacco la platea. Eh, sì ho messo la prima cosa che mi è capitata: un paio di tovaglioli al posto degli slip e via. Nonostante questo - come ha certificato Woody Allen - in fila c'è sempre qualcuno che ne sa una più di Lucas, Spielberg e Coppola e che con vocetta stridula arringa e argomenta facendo la classifica degli episodi, correggendo i riferimenti, lanciandosi nel solito paragone con l'Anello dei Nibelunghi e la Psicopatologia della vita quotidiana. 

Ma rispetto agli anni '70 abbiamo fatto passi avanti. I saccenti non sono stati eliminati, no. Anzi di Soloni pontificatori ne abbiamo parecchi in più. Ma possiamo contare sui guastatori naturali. Chi sono? Ma i casinisti. Una categoria che prima non si mischiava e restava nel suo brodo, che all'occorrenza veniva messa al suo posto con un'occhiataccia. Ora il tamarro caciarone - per dirla con la cattedratica sociologa De Filippi - è un'espressione della vitalità popolare, penultimo baluardo (dopo le Deficienze Artificiali Digitali) della spontaneità umana. Costoro vivono nella convinzione d'essere protagonisti sempre e comunque, in un mondo che gli scorre attorno come la classica giostrina dell'acchiappa la codina. Quindi se sono in coda da 5 secondi si lagnano, poi tirano fuori il cellulare con volume di suoneria buono per i Risvegli di Sacks e ricordano che devono per farsi il selfie davanti al cartellone cartonato, dopo lei è stanca (anche perché scarrozza una borsetta di Luigi Vittuone da 13 chili maniglie escluse) e ha sete avendo tracannato cinque bottigliette di Sciacquetta "plin plin". Lui in finta giacca di finta pelle, lampadato e muscolato sotto la maglietta della salute, ripete come un mantra "amo' 'spetta" e ogni tre per due starnutisce come un cammello, tanto forte che gli ondeggia pure il tatuaggio maori attorno al collo. In questi momenti mi domando perché le orecchie umane non siano state fornite di provvidenziali palpebre. C'è un evidente difetto di fabbricazione: quando richiameranno i modelli?   

A nulla vale il conforto delle musiche di John Williams in sottofondo, allietate dalle puffevoli coreografie dei Jargiano Beans project di Olgiate Olona. Il tormento è tutto mio e me lo godo fino alle porte della Sala Bosone di Higgins. Qui mi accoglie la maschera: una ragazzetta nerd con gli occhiali a montatura nera che sfoggia un pallore vegano e l'obliteratrice a forma di pistola di Han Solo.
- Può firmarmi la liberatoria?
- Scusi?
- Sì una firma qui: è per la clausola anticritica.
- Cioè?
La ragazzetta tira su gli zigomi come per dire "ecco il vecchio rimba": la clausola critica sul film... 
- Sarebbe a dire che quando io esco dal cinema e non posso dire a nessuno se ho visto un bel film o una cagata pazzesca?
- No, non la metta così, è una semplice forma di tutela dell'opera artistica.
- Oh! E la libertà d'espressione?
Ma immagino lei saprà quanto è stato investito per un film come questo - sorrisetto saputello - e quale giro d'affari può venire danneggiato da un parere espresso incautamente, magari per via di un momentaneo eccesso di zuccheri nel sangue. La clausola è un modo per evitare che dei commenti negativi possano rovinare un'impresa economica di portata globale. E' anche un modo per salvaguardare lo spettatore da conseguenze negative...
- Come un'assalto di avvocati ninja... Lei non è proprio una maschera, vero?
Tace e sorride.
- Ufficio legale?
Piega la testa e sorride.
Dietro di me esplode uno starnuto. Firmo rapido prima che le spore dell'ebola mi colgano in mortale abbraccio e sguscio nella penombra della sala. Neanche il sollievo di un gradino e urto il ginocchio contro un essere metallico che mi cigola e mi fischia insulti cattivi. Biascico un "mi scusi commendatore" e tento di guadagnare il posto numerato muovendomi su un tappeto di pop corn sbalzati dalle taniche formato carestia biblica che i primi previdentissimi spettatori si sono assicurati. Ovviamente sono esemplari numerati e da collezione che si pagano in litri di sangue. 

Imbrocco la corsia, mi tuffo in poltrona, posizione centrale dominante e contemplo lo schermo bianco con rinnovata calma zen. Finchè...
- Signore, scusi...- una donna in paltò verde ramarro e borsetta a fiori capeggia un quintetto completato da quattro giovani sith con facce diaboliche, tutti non più alti di un metro: i cugini oscuri dei sette nani. 
- Dica?
- Scusi sa, ma io e i miei ragazzi se possibile, sa, ma non è che potrebbe scalare di quattro posti?
- Io...Dovrei muovermi di quattro posti???
- E' che non siamo riusciti a prendere tutti i biglietti in fila...e ai ragazzi farebbe piacere stare tutti insieme. 
Certo che non ci siete riusciti, mi dico, sono arrivato io per primo. Ma la signora mi fa il sorriso dolce dolce come la torta di mele di nonna Abelarda, come per dire "non ci offendiamo se dice di no, ma se dice di no è proprio una carogna d'avvoltoio rinsecchita". Il mio cervello da 8 bit calcola rapidamente: potrei ingaggiare battaglia, girare il collo alla vecchia, strappare una spada al primo sith, scalciare il secondo e poi vedermela a fendenti laser e strangolamenti a base di "forza" con gli ultimi due. Oppure potrei piangere e fare la scena del malato terminale che ha tre orette di vita (più pubblicità ed eventuale trailer dopo i titoli di coda) e non può perdersi la magnificenza dello spettacolo su una poltrona laterale. Alla fine è lo "sforzo" delle Balle spaziali ad avere la meglio: l'energia necessaria per le messinscene guasterebbe la visione del film e quindi si capitola. Rotolo mesto nel mio poltroncino seguito dai perfidi "grazie" della signora e dalle risate telepatiche dei sith.

Adesso basta. Mi butto giù a sacco di kiwi esalando un sospiro lamentoso, sperando in un rapido inizio o in una grazia sulla durata degli spot ante film. Mi riscuotono un fischio e un frullo: accanto a me c'è R2D2. Aspira pop corn e coca cola alternando ciribiri e ciripao elettronici. 
Non c'è pace tra le stelle, figuriamoci qui.

domenica 1 novembre 2015

La grande beffa di Expo



Ora che è finito, ora che i cancelli sono stati lucchettati, che le autorità hanno terminato i discorsi d'occasione, che  comici del weekend han finito gli sputtanamenti di rito e, soprattutto, che la stretta vulcaniana dei controlli sui media si è allentata, possiamo dirlo: Expo 2015 non c'è mai stato!
 
Signorsì, la grande kermesse meneghina (che poi era ben oltre i confini di Milano e già qui si doveva sospettare qualcosa) dedicata al cibo e all'energia per la vita non si è mai svolta, è stata tutta un grande bluff, nient'altro che un'illusione collettiva orchestrata dai ben noti poteri occultati. Niente caffè del Burkina Faso. Nessuna lasagna kazaka. Lo speck del Belize? Chi l'ha mai gustato?

Le prove sono molteplici e inchiodano l'organizzazione - solito paravento per le manovre dell'oligarchia bancaria alleata all'impero rettiliano - alle sue crude responsabilità. Triste dirlo, ma neppure le forze della manipolazione brillano per efficienza. L'evento Expo, che doveva essere la testa di ponte per una svolta in senso alieno nel governo dei fatti terrestri, in realtà ha messo in crisi le pur soverchianti potenze parassitarie d'invasione.

Da documenti esclusivi, ottenuti tramite lettura della mente dei principali capi di stato durante una seduta medianica al bar degli alpini, possiamo affermare con certezza le cause del flop che hanno generato la colossale truffa. Tutto infatti deve ricollegarsi al bando di gara interstellare sulle scie chimiche, preludio dell'operazione Expo. La grande rete di suggestione e disorientamento, per via delle norme sulla trasparenza nelle interferenze sullo sviluppo delle civiltà galattiche minori, era stata estesa alla sfera pandimensionale del libero mercato.

Grave errore, perché con la storia del massimo ribasso di energia prionica, l'appalto se lo pappò la cordata della Filibusta di Aldebaran che immantinente subappaltò alla stazione di Proxima Centauri come sistema logistico più immediato. Cosa logica se non fosse già più che certificata l'inettitudine dei Proximani. E tra l'altro proprio sul campo di prova della Terra! Potrebbero testimoniarlo gli atlantidei con il loro più famoso concittadino Noè, se non fossero affogati tutti a causa di una pessima regolazione nei rubinetti atmosferici. Fu in quei giorni che nacque il detto: piove sul bagnato.

Attorno alla data astrale del gennaio 2015 i migliori computer delle tabaccherie dell'impero klingon concordarono che i Proximani avrebbero sforato i tempi di consegna dei neuroconvertitori per gli homo insipiens. La minaccia di penali però non poteva essere esercitata: i subappaltanti erano tutti regolarmente in viaggio sui loro cargo spaziali. Peccato che a velocità sub-luce avrebbero impiegato qualche millennio per onorare la commessa. Quando giungeranno a destinazione probabilmente la forma più sviluppata del pianeta sarà il tofu.
        
Scosso da un fremito di panico al tamarindo, il costrutto del complotto corse ad un pronto rimedio, noto fin dai tempi dei primi faraoni, quelli con l'insana passione per i manufatti piramidali: lo Sgargabonzi! Una formula di appropriazione del pensiero cosciente per scopi privati, o meglio un bug nella configurazione del pensiero umano che consente di deflettere la forza di volontà per far compiere al soggetto le più grandi idiozie nella scala dell'autodistruzione. E il piano d'emergenza venne dispiegato nell'arco di una notte. 

Expo in sostanza è una grande area recintata, chiusa agli sguardi indiscreti per ovvi motivi di sicurezza e lecito guadagno, ma dentro non c'è nulla!!! L'unica cosa montata sono l'albero della vita - un placo di legno che ovviamente sporge sopra i cancelli, anche se sarà alto tre metri scarsi senza tacchi - e le biglietterie con transenne. Tutto qui! Il grande Expo universale (ahahahahah!) era ed è nudo come l'imperatore della favola: ammantato di invisibili vestiti e pertanto con le chiappe al vento.

E allora i 21 milioni di visitatori da tutto il mondo, arcipelaghi compresi? Le tonnellate di servizi tivù, web, radio e rotocalchi della miglior patineria? I selfie, i post e le twittate? Tutto autenticamente fasullo miei cari. E senza spendere un euro in controinformazione. Perché una volta entrati, posti dinnanzi all'horror vacui, i visitatori sono stati puntualmente rapiti dalla notoria sindrome di Pinocchio che, non volendo passare per fesso e bastonato, si inventava la bugia spingendola il più possibile nel perimetro del plausibile. 

Ma naturalmente la civiltà mediatica umana moltiplica il potenziale pinocchiamento e trasforma l'intero processo in un moltiplicatore che viene definito di volta in volta "moda", "happening", "evento epocale" e spinge la massa all'autolesionismo della stanzialità in coda pur di poter affermare: io c'ero. Perché il dilemma esistenziale tra l'essere e l'avere, è stato superato dalla necessità di "esserci stato", con annesso certificato fotografico da consegnare ai post (sui social).    
Ovvio che per montare la montatura ai danni del prossimo si è messa in moto una gioiosa macchina dello sfottimento. Grafici e designer si sono sbizzarriti in foto e video montaggi di cose mai viste. Giornalisti, politici e scrittori hanno magnificato e criticato aspetti inesistenti del grande evento riuscendo a polemizzare dentro e fuori...i limiti della querela. I passaparola, i consigli della suocera, i commenti al bar si sono sprecati e sperticati pur di calamitare nel gorgo della fregatura il più cospicuo numero di complici. 
E a chi mi chiede con fare saputello: e l'indotto? Le mazzette? Gli occupati? Quelli ci sono stati eccome. Lo Sgargabonzi prevede enormi spostamenti di masse umane, giri di quattrini superiori al fantastiliardo e soprattutto tanti conti da pagare. Come la nostra modernità riesca a produrre debito dal nulla è un mistero che sovrasta la genesi della materia oscura nell'universo.

"Però io i padiglioni li ho visti", frignerà qualcuno che non si vuole dare per vinto all'evidenza del comportamento auto ipnotico. Ebbene sappiate che buona parte dei mirabolanti padiglioni, zeppi di gustose meraviglie al cacao dai quattro cantoni del pianeta non sono altro che dei diorami in scala 1/72, tutti realizzati dal gruppo facebook Soldatini Atlantic & co, impiegando resti di presepi e normale materiale di risulta del mercato della frutta.

Dopo questo scacco matto ai facili scetticismi di ogni età debbo rivelarvi che la verità ha un prezzo amaro. Specie per chi vi scrive. Infatti il nemico mi ha intercettato prima dell'agente Fox Mulder e le forze del nuovo ordine prossimo sventurato mi hanno momentaneamente sopraffatto. Sono stato legato, imbavagliato, imprigionato in una località nascosta. Probabilmente una succursale dell'Area 51 nei pressi di Fizzonasco. Questo a giudicare dal gorgogliare continuo in sottofondo dello spot del Mercatone dell'Arredamento. Fortunatamente il mio piede sinistro e libero di digitare su un Commodore Vic 20 lasciato incautamente acceso dai miei carcerieri (sono degli sfegatati giocatori di Rat race, cosa che deve avere necessariamente un secondo significato simbolico criptato, ma non ho la Kabbalah sotto mano). Posso così aggiornarvi in tempo reale sugli sviluppi della mia indagine multilivello. State certi che la grande beffa di Expo 2015 continuerà a far parlare di sé.

Saluti dal vostr....


Nella foto Fansa (Doc Ouamandè): il vero volto dell'Albero della vita

sabato 24 ottobre 2015

Mash, lo spoiler fuori tempo

Mentre il mondo attende - non solo il pianeta nerd - il nuovo episodio di Guerre stellari, Club Zahir vi propone lo spoiler che nessuno si aspetta: l'ultimo episodio di Mash. Un telefilm che nasce dal successo del film di Altman dedicato ai medici sul fronte nella guerra di Corea, una guerra che contrapponeva Rossi comunisti e occidentali capeggiati dagli Usa. La faccenda "ridicola" era che non si poteva parlare di guerra ma di "operazione di polizia", quasi che tra coreani nordisti e sudisti fosse in corso una rissa. Una rissa durata dal 1950 al 1953 con l'intervento dell'Onu e della Cina comunista (precisazione non inutile, visto che ai tempi il governo cinese "ufficiale" era in esilio a Taiwan) e terminata con un accordo che blocco' i contendenti sulla linea del 38 parallelo.

Mash racconta, in ben 256 episodi trasmessi dal 1972 al 1983, la vita quotidiana di un'unità medica mobile (in realtà non mobilissima per costi di set) con toni variabili dalla commedia al dramma. Infatti il dolore e la morte fanno parte delle storie raccontate, così come la disperazione e il senso di impotenza di fronte al tritacarne della guerra. Ma i medici si difendono con sarcasmo e ironia, punzecchiando le false moralità e il granitico sciovinismo stelle e strisce, combattendo la loro quotidiana battaglia contro la più grande follia organizzata dall'uomo, a colpi di scherzi e battute. Non dimentichiamo che mentre andavano in onda le prime puntate la guerra del Vietnam era in corso la guerra del Vietnam e la vena antimilitarista di Mash era a piena ragione una quinta colonna della contestazione a quel conflitto. 

A proposito di morte, Mash fece scalpore alla fine della quarta stagione (undici in totale) per l'episodio conclusivo "Abissynia, Henry" nel quale muore il personaggio del colonnello Henry Blake, il comandante del campo. Una morte raccontata, comunicata per telegramma, giunta di sorpresa dopo che per tutta la puntata ci si era divertiti con le operazioni di commiato per il suo ritorno a casa nei panni di civile. Ebbene a pochi minuti dalla sigla, entra in sala operatoria l'attendente - il tuttofare Radar, tenero soldierboy - ad annunciare che l'aereo sul quale viaggiava il colonnello e' stato abbattuto. Nessun sopravvissuto. Silenzio. Singhiozzi. I medici continuano ad operare feriti. Poi scorre una selezione delle sue situazioni più buffe e singolari di Blake. Ma il sorriso resta amaro perché sai che lui è morto. Una mazzata. Anche vederlo dopo quasi 40 anni mi ha fatto effetto. Era la mia prima visione della puntata perché ai tempi della messa in onda italiana non avevo intercettato questo episodio, sinceramente non so neppure se l'abbiano trasmesso. Infatti l'arrivo del nuovo colonnello Sherman T. Potter e la partenza del dottor Trapper non le ricordavo. Cammin facendo se ne vanno anche il subdolo maggiore Burns e il piccolo Radar, mentre acquistano rilievo Klinger (che smette di vestirsi da donna nel tentativo di fingersi pazzo e ottenere il congedo, e finisce per diventare il segretario della colonnello) e padre Mulcahy. Il quadro si ricompone con l'arrivo di un nuovo amico per Hawkeye (il mitico Alan Alda che oltre a recitare scriverà testi e dirigerà episodi della serie) ossia il gioviale BJ, buontempone della westcoast, e un terzo chirurgo, il sussiegoso bostoniano Winchester III.

"Abissynia, Henry", che è una frase in slang - ci vediamo Henry - lascio' il segno: era la prima volta che un personaggio di una sit-com moriva. Ci rimase male lo stesso attore, abbandono' il set amareggiato senza partecipare alla tradizionale festa di fine produzione. Da notare che soltanto Alda venne informato poco prima delle riprese del finale. Per il pubblico fu uno choc, molti protestarono, ma gli autori sostennero che la morte del colonnello Blake era un modo per ricordare tutti i Blake che non erano tornati a casa.

Ma arriviamo al nostro spoiler. L'ultimo episodio di Mash in realtà è un film per la tivù che racconta gli sviluppi e le prospettive per i personaggi della serie. 
Il colonnello Sherman si dice pronto per la pensione (ma sarà protagonista nella serie After Mash come direttore di un ospedale) e per una nuova luna di miele con la moglie che lo attende da anni. 
Il maggiore Hoolian, alias "hot lips", resterà ovviamente infermiera, ma fuori dalle zone di guerra e probabilmente accanto al padre (tipo molto brusco e freddo, anche se qualche speranza di ravvedimento l'aveva manifestata). 
Padre Mulcahy, che proprio nell'ultimo episodio viene ferito e rischia di perdere l'udito, resterà con i suoi orfani per dedicarsi poi ai bambini con problemi uditivi (ma anche lui finirà riciclato in After Mash). 
Il dottor Winchester, grazie ad una non richiesta raccomandazione del maggiore Houlihan, dirigerà un prestigioso ospedale a Boston (particolarmente crudele con lui la chiusura dell'esperienza coreana: la sua passione per la musica diventa un trauma).
Klinger il fuggitivo, il simpatico travestito in cerca di una via d'uscita dalla divisa e dalla guerra - ironia della sorte - trova moglie coreana e si sposa, ma non può tornare a casa finché i genitori di lei, dispersi tra i profughi, non verranno ritrovati.

Il dottor BJ ovviamente torna dalla adorata moglie e dalla figlioletta a San Francisco e probabilmente lo farà in sella a una moto come un easy rider ante litteram.
 Hawkeye, che ha sofferto di un crollo nervoso ed è stato costretto ad un ricovero coatto in una struttura semi-manicomiale, non anticipa la sua decisione. Dice che starà in giro per un po' e poi vedrà che fare. Ed è infatti con un goodbye e l'ultimo decollo dell'elicottero portaferiti che ha scandito i ritmi degli episodi dell'intera serie, che Mash si congeda dai telespettatori. Le note melodiose della sigla risuonano di una malinconica armonia

venerdì 28 agosto 2015

L'invasione dei SUPPOSTIANI

Dal Dizionario delle invasioni aliene 
Edizioni Sgargianti (1968)

Giunti dall'altro capo della galassia (ovviamente trainati da una troika passata attraverso un buco nero) mirano alla conquista della Terra a colpi di default economico ed esistenziale. Si sono insinuati nella nostra società ad ogni livello: li trovi nei parchi, sul posto di lavoro, dietro il bancone del bar, lanciano proclami dai talk show e ti offrono incredibili offerte per la telefonia mobile. Ti aggrediscono con belle pretese, opere indiscutibili e opinioni che non fanno grinze, mirano al consenso navigato e ai suoi dolci derivati.
Anche se smascherati sono difficilmente afferrabili, sgusciano continuamente dietro le spalle. Non importa quanto abbagliante sia il vostro ragionamento, un Suppostiano riesce sempre ad appiccicarvi la colpa.

Forma di governo: Gran Consiglio dei 12 assenti

Lo zodiaco: 12 figure di merda

Il loro motto: D'altronde, è così ...



sabato 1 agosto 2015

Blob poesia


Nel mezzo del cammin di nostra vita col cuore rotto si stava come d'autunno sugli alberi le foglie. A quest'ora scende la sera nel giardino antico e mentre una rondine ritornava al tetto l'animo fu si come immobile. La dritta via era smarrita, innanzi a una siepe che da tanta vista dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. 
Certo, potrebbe essere peggio: e infatti ecco che piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici, su le meretrici e sui freschi pensieri tra le frasche sciolte. Finché un lampione non s'illumina d'immenso e mi volge verso quel ramo del lago di Como. Verso quelle chiare, fresche dolci acque dove è umana cosa avere compassione degli afflitti. 
Qui all'ombra de' cipressi e dentro l'urbe confortate da un sereno vapor d'ambrosia, son pronto a scacciar i dubbi, numerosi come i sassi della vecchia strada di Trezza. Solo gli stupidi non ne hanno, e su questo non ho dubbi.

lunedì 27 luglio 2015

Io E.T.? E tu?



La notizia: miliardario russo finanzia ricerca per trovare segnali di vita intelligente extra terrestre.

L'osservazione: Di solito non passo dal sistema solare, la pista e' sempre piena di asteroidi e altri detriti che intralciano il cammino. Poi ci sono Giove e Saturno che interferiscono nel sistema di rimbalzo gravitazionale. Ma avevo visto una bella cometa e mi ero distratto attardandomi nella fascia interna degli asteroidi. E qui ho avvertito le prime interferenze, segnali confusi, rimanenze di una certa articolazione dell'energia. Parliamo di bassissime intensità, fuori dalla scala comunemente impiegata nella rete delle comunicazioni interstellari. Ebbene, non senza uno sforzo di concentrazione, riesco ad intendere che l'attività proviene dal terzo pianeta e lo metto a fuoco. In un primo momento fatico a comprendere ciò che percepisco: gli ordini naturali si intrecciano sempre nella manifestazione della vita. Infine si evidenzia l'azione di un animale terrestre che si fa chiamare uomo, umanità nel suo insieme. E non c'è che dire, sul terzo pianeta, detto Terra, ha imbastito un gran lavoro. Abbatte la vegetazione, sposta il corso dei fiumi, scava e brucia, sparge di tutto in aria e in mare con l'obiettivo di ricavarsi mezzi di sopravvivenza. L'aspetto curioso e' che tutto questo gran daffare sta mettendo in pericolo il suo stesso habitat. Immaginate un pianeta che voglia aumentare la propria massa a dismisura per catturare più luce solare: uno snaturamento che condurrebbe alla catastrofe. Gli uomini stanno seguendo lo stesso cammino. Chissà se un giorno su questo pianeta potrà mai sbocciare vita intelligente...
Ora è tempo di riprendere il cammino.

Le domande: prima di cercare vita intelligente non dovremmo accordarci sul significato del termine? Non è restrittivo cercare chi esprime un intelligenza o manifesta un aspetto simile al nostro? E anche in questo caso sapremo riconoscere e rispettare un essere diversamente intelligente? Anche se il suo aspetto o il suo comportamento possono urtare la nostra sensibilità o le nostre abitudini/credenze? Non può essere che, consapevole delle nostre evidenti incapacità e mancanze ad accettare quanto detto sopra, un essere intelligente non terrestre preferisca evitare un incontro con noi? 

La conclusione: se la vita che cerchiamo e' davvero intelligente, difficilmente si farà trovare. Almeno finché non ci riterrà abbastanza intelligenti da comprenderla. Detto ciò, buona fortuna ai cacciatori! Perché è di questo che stiamo parlando, vero?

mercoledì 22 luglio 2015

Intervista esclusiva a Gunther Brodolini



L'antefatto

Sono di fronte ad un incredibile equivoco. Posso dirlo, insieme al riflesso dell'equivoco, mentre ci beviamo una birra seduti al tavolino. In pratica, riflessi compresi, siamo quattro amici al bar. E potrei iniziare un divertente giochino musicale a tema con licenza di Papi e delle chiappe della Silvstedt, ma una maschera di Gino Paoli mi guarda dietro il bancone fingendo di indugiare sulle brioches fossili nella vetrinetta decorata con le mosche dell'Harold Lloyd bar. In tasca, oltre ad un organo che vibra neanche più per lui, ha già pronta una lettera dell'avvocato Prisco piena di fastidiose allusioni su presunte violenze su una tale Luana Copyright. Sinceramente non mi va d'attaccar briga in tribunale. Da quando il giudice Santi Licheri e la sua totale sobrietà ci hanno lasciati per le Haway dello spirito, non c'è alcun gusto. Perciò sollevo la caraffa dove le bollicine caprioleggiano e schiumeggiano e invito l'ospite ectoplasmico a fare altrettanto: l'amico Gunther Brodolini. 


L'oltrefatto

Di seguito la registrazione dell'intercettazione mediatica censurata da Mediapremium.

Sigla d'apertura: Scibidaba del maestro Paguro Martelli eseguita dall'Ottavo puffo.

Buonasera e benvenuti al Palmizio Sostanco Show!

Buonasera, sono lieto di presentarvi, nella magnificenza di un fresco completino oltretombale, stretto e lungo quanto il contenitore celluloidale delle sue avventure, niente meno che: Gunther Brodolini! 
(Applausi) 
Tutti conoscete le sue imprese e le sue evasioni fiscali, i suoi traumi e le sue trame turbolente contenute in un libro che ha fatto storia, e anche un po' di geografia dell'animo. Lui è presente tra noi in via eccezionale, fino a un livello 5 nella scala poltergeist di Brian Yuzna. E perciò approfittando della speciale sintonia del nostro social medium, vorrei interrogarlo nella speranza di sciogliere i tanti misteri (giacobbo suca) che circondano il successo librario del suo avventuroso resoconto.

Caro Brodolini, temo che per cominciare occorra sparecchiare la tovaglia da alcune imposizioni di vecchia posateria, cioè dall'equivoco di genere: concorda con l'analisi dell'onorevole De Michelis che ascrive il libro delle sue avventure ben oltre il guscio bigusto dell'ovetto kinder della narrativa? Ossia, siamo di fronte ad una nuova forma di poesia? E se sì,  l'uso del blank verse è una scelta politica o un risparmio energetico?
.....
Molto interessante, soprattutto la faccenda degli endecasillabi nascosti con il teorema di Fermat, quello enunciato dalla nota canzone di Ferradini. 
Oltre che poeta in erba, lei non si ritrae dalla posa di imberbe latin lover. Ricordo le sue "vittime": Cartoccio, Ligeia, Bearzot....
.....
Lo so, Bearzot e' un cane, volevo solo vedere se era ancora in questa dimensione. Eh, eh, eh! Comunque dicevo del suo rapporto con l'altra metà del cielo, quella con buco...dell'ozono.
....
Oh, davvero? In effetti questi suoi rimandi dell'edipeo enciclopedico sono fuorvianti. Così come la sua rappresentazione della famiglia, che pare sfondare le barriere tra gli stati vegetali e minerali. Non sembra temere la vis polemica di Adinolfi e del comitato "Mamma, Papà, Bimbi: pasta, gnocchi e torte perfette".
.... 

Capisco. E andando fuori tema, come è finita quella faccenda del lodo De Agostini sulle cartine dell'Umbria bucate all'altezza di Todi?
....
Quindi non vuole proprio rivelarci l'ammontare del accordo extragiudiziale. Sa, non vorrei che uscisse su Dagospia con una sparata...ma va bè. Contento lei...
Nella sua opera si riscontra una aperta predilezione per le forme tumorali e le malattie degenerative. Ma un bel raffreddore sugoso le fa così schifo?
....

Adesso scusi l'accendino, ma è per la domandina a bruciapelo: lei si ritiene un tipo religioso?
....
E quindi don Sturzo....
.....
Ma Wojtyla invece...
....
E questo spiega anche il ruolo del vescovo Shakira. 
Bene, ed ora un piccolo stacco pubblicitario. Ricordiamo che l'intervista esclusiva a Gunther Brodolini e' offerta da Provoloni Regina.

Bentornati alla nostra intervista esclusiva, dopo Rakam, Soldino e Annunci bagnati, con lo splendido Gunther Brodolini e le sue avventure extra dimensionali. Mi dicono dalla regia che dovrebbe alzare un po' la voce. Grazie. 

So che Alessandro Gori, il suo brillante manager, ha già ceduto i diritti per la riduzione cinematografica del libro alla Golden Harvest di Hong Kong. Chi vedrebbe bene nella sua parte?
....
Ma Alvaro Vitali non è un po' vecchio? Certo, che se pensiamo a quanti Amleto abbiamo visto con ottuagenari in scena...Le andrebbe bene Moretti o De Sica alla regia?
.....
Capisco, Silvio Orlando proprio non lo può soffrire. Succedeva anche a me con Gianni Cavina, poi dalle analisi salta fuori sta intolleranza al lambrusco di lampone quando indosso i calzini corti e la cosa infine l'ho risolta. Così. Già....E cosa mi dice di questo clown Cagnacci della Galbusera? Molti lo trovano favoloso. Una specie di nuvoletta fantozziana con la passione dei bucaneve che lo rende un personaggio tragico, squassato da grossa tensione interiore per il conflitto tra marchi concorrenti.   
....
Ma sotto sotto un po' di bene glielo vuole. No? Lei crede nell'amicizia?
....
Ahahah, fantastica! Un bell'applauso!
(Applauso)

Biafra, Aids, lega del bimbo malato. La beneficenza e' una delle sua benemerite attività. Non è che le avanza qualcosa? Anche una biglia di plastica di Pantani.
.....
E a sua sorella. È fortunato che non sono riuscito ad avere i negativi del congresso del partito socialdemocratico dell'86. Già, quello della foto del bacio in bocca con l'onorevole Cariglia...

Ora mi dica, i sogni aiutano a vedere cosa c'è dietro l'angolo o è meglio mandare avanti qualcun'altro col cellulare?
......
Ahahaha! Bella questa. Sigla!
Ringraziamo e salutiamo il nostro ospite e...scusate, dalla regia mi dicono...ma come? Non si è sentito niente? Niente di niente? Ma biiip! Ma che figura di biiip! Adesso vado in camerino e mi sparo in biiip! 

Fine della trascrizione.

lunedì 20 luglio 2015

La strage della creatività


Al volante, in coda al semaforo. Ho un prurito di fretta che urge di fame e sonno sbocconcellato. Il mio cervello modella il concetto "casa" nelle sue molteplici accoglienze. Davanti a me nell'utilitaria rossa, scorgo un barbogio grigio dai tratti lupeschi marittimi incisi nel carnato cotto. Mi distraggo da me e penso: che pensa? In un attimo ho la risposta. E' un'opera magnifica, colossale: una solenne sinfonia polifonica che gli nasce dentro e cresce, come una pianta di pomodori proiettata in accelerato. 

Non lo canzono, non lo svaluto mica. Anche la giovincella sulla corsia a fianco, nella smart col finestrino abbassato e gli occhiali da sole grandi che le mangiano occhi e guance. Le resta scoperto solo un indomito nasino, impennato in cima a labbra leste che s'arricciano nella fragranza della gioventù. Eppure nella sua testa svagata, ornata di profumose chiome romba una poesia, fervide rime d'amore per una plastificata pop star che mai ha sospettato - e forse meritato - tale potente dedizione. Dietro di me c'è il furgone, un cassonato di ritorno dal mercato con le cassette dell'invenduto. Il motore fa uno strano gorgoglio come la pancia di un cane che ha bevuto troppo. Il barbetta al volante in canottiera blu, ciuffo ribelle con la mano sul cambio, tiene lo sguardo fisso al riquadro di cielo che gli riserva il suo parabrezza e si figura, una per una, le pennellate per riprodurlo vivido come un sipario vaporoso del Tiepolo. 

Un metro più in là, stretta nella sua berlina una signora dalla lunga chioma nera si concede il lusso dell'aria climatizzata. Sul cruscotto c'è un pass ospedaliero che è un valido indizio professionale. Nella sua mente pulsa una combinazione di molecole, quasi fosse un bizzarro giochino fatto con dita ed elastici, un giochino che sta per giungere alla combinazione di un farmaco nuovo, qualcosa che potrebbe rimettere in piedi molti casi disperati. Ma al club dei creativi bussa qualcun'altro. 

Olaf è stanco, non si ferma da 32 ore. La tabella di marcia è rispettata, il suo sonno no. Le palpebre calano e in un lampo mette a fuoco un'equazione che potrebbe essere la base di una nuova geometria non euclidea, buona per l'ingegneria spaziale e la bioedilizia. Ma la rivelazione non dura che un'istante, Olaf viene scosso da un'imperativo: sveglia! Equando li riapre si ritrova in mezzo all'incrocio e riesce soltanto a vedere la targa della prima macchina che esplode sotto il suo bestione. L'ordine di frenare non fa in tempo a raggiungere il ginocchio. Oggi nessun balzo in avanti per l'umanità.

giovedì 18 giugno 2015

Emergenza cosmomigranti


A-Normal: E' tornata Astrosamantha.

B-Normal: Embe'? Bella roba! Un'altra da mantenere a sbafo!

A: Scusa?

B: Ma sì, se ne stanno con quei barconi sei mesi nello spazio e poi pretendono di venire qui e avere tutto pronto e spesato: alberghi 5 stelle, connessione Wi-Fi, 35 euro al minuto e montascale Alemagna gratis. Ohe', ma dove siamo? 

A: Ma guarda che lassù è dura, rischiano la vita ogni giorno per fare studi scientifici.

B: Anche qui è dura e ogni giorno ti portano via qualcosa: se non è il governo, è il comune, se non è il CERN, sono i gruppi astrofili. 

A: In effetti gli astrofili danno un po' fastidio: sempre in mezzo alla strada con il naso in su a guardare la luna e le stelle. Cioè, un minimo di decenza!

B: Macché! Ma renditi conto che questi non si vogliono integrare, non gliene frega niente. E noi stiamo qui a pagare la bolletta degli osservatori astronomici!

A: Già... anche io una volta avevo un telescopio per guardare la Luna, ma poi mi sono trovato un lavoro. Adesso c'è poco da star lì a contare i lumini della via lattea...

B: Io non sono razzista, cioè Von Braun finché faceva le V2 lo potevo anche capire, c'era una ragione storica, c'erano gli obiettivi del nazionalsocialismo... ma adesso cosa ci facciamo con tutte queste razzate? Una volta c'erano anche in Italia le leggi razziali, ma le hanno abolite. Solo che abolita la legge, trovato l'inganno: e continuano ad andare su con i razzi di quei Russi astroscafisti. Tutto pagato da noi! E poi questi qui stanno in giro in orbita a spese nostre! Bella la vita a gravità zero!

A: No, però daì. Non sarei così drastico, dopo tutto i cosmonauti vengono da situazioni difficili, allucinanti, dove non c'è democrazia ma programmi di lancio, tabelle di marcia, piani di rientro. E se sgarri muori, se si sgancia un pannello finisci in fondo al cosmo o arrostito dalle radiazioni. 

B: Sì, ma questi qui se la sono cercata loro, mica come i nostri Marò che facevano il loro dovere. Eh? Eh? E i nostri Marò chi li aiuta più?

A: Ma cosa c'entra?

B: Ma certo che c'entra: ci sono italiani che non arrivano alla metà del mese, che rovistano nel pattume per mangiare, gente che si è fatta un mazzo così per una vita e questi astrorazzisti vengono qui e pretendono di essere serviti e riveriti! Solo in Italia uno schifo simile, vorrei vedere io in Svizzera o in Turchia.

A: Potrà anche non piacerti, ma siamo in Europa: ci sono delle leggi, dei trattati da rispettare...

B: Bella roba! Da rispettare quando fa comodo a loro. Con sta storia della moneta unica non ci rimarrà in tasca che una sola monetina.

A: Ah, ah Ah! Stai esagerando. Come nazione abbiamo anche il dovere di mostrare un po' di solidarietà verso questi cosmomigranti: altrimenti che figura ci facciamo col resto del mondo?

B: Facciamo la figura dei pirla!!! Io non sono Legoista e non ho mai votato quelli del Carretto, ma Solventi ha ragione: aiutiamo i cosmonauti a casa loro! E su Bajkonur passiamo con le ruspe!

A: Esagerato!

B: Ah, sì, allora visto che tipiacciono tanto i figli delle stelle, il prossimo carico di Astrosamante portatelo a casa tua!

A: ....?

lunedì 8 giugno 2015

Il delitto imperfetto della dolce Anna



Una mite e laboriosa domestica, una coppia della borghesia cittadina in cerca d’affermazione, un nipote irrequieto e faccendiere; sullo sfondo un Paese in fase d’assestamento post rivoluzionario e una città, Budapest, in cerca di una nuova identità.

In questo contesto fiorisce “Anna Edes”, un romanzo sorprendente e non facilmente classificabile che, forse anche per questo suo carattere indefinito e sfaccettato, è un classico della letteratura ungherese. Scritto dal poeta, romanziere e giornalista Deszo Kosztolanyi (1885-1936), il libro venne pubblicato per la prima volta nel 1926 e nonostante la distanza temporale subito colpisce la freschezza della scrittura: una prosa accattivante che si tuffa negli angoli del racconto e nelle qualità dei personaggi con un divertito vigore. Merito anche della rinnovata traduzione di Andrea Renyi e Monika Szilagyi per Edizioni Anfora, attente ad interpretare le originali sfumature dell'autore. 

Kosztolanyi infatti coltiva il piacere della parola e la porge con gentilezza in un racconto vivido, dal taglio moderno e cinematografico ma attento al particolare, capace di delineare i tratti psicologici dei personaggi con la perizia di un ritrattista. Le pagine di Kosztolanyi ci portano a spasso per Budapest, ci introducono nei ritmi e nei pensieri dei suoi abitanti con la consumata abilità di una guida che non deve venderti nulla, ma gode del suo stesso racconto senza perdere il filo. 

E la trama che sembra così piccola ed esile, con questa Anna tanto algida ed enigmatica che va a prestare servizio in una casa di "illustrissimi" signori, presto avvolge il lettore: la storia minima di una servetta nella grande città racchiude in realtà l'affresco di un mondo intero. Scene con fioca luce e lunghe ombre, musica jazz e fuliggine di spazzacamini, intrighi ministeriali e di portineria, sotterfugi servili e dilemmi padronali. Finché i piccoli drammi quotidiani e le gioie materiali di un equilibrio apparente sono troncati da un delitto atroce che vuole restare senza movente. Eppure quel crimine muto dice moltissimo. Anna Edes infatti parla del potere e delle rivoluzioni, del desiderio e dell'umiliazione, dello spirito incalpestabile e della natura dell'animo umano: è un frammento del mistero della vita e della morte. Un frammento letterario levigato a specchio, dove lo stesso Kosztolanyi, da scrupoloso cronista, decide infine di posare lo sguardo, come per dirci che nel racconto umano Anna Edes ci siamo anche tutti noi.


ps
Perdonate se non ho messo neanche un accento ai nomi ungheresi. E' pigrizia, lo so.
Andate sul sito di Edizioni Anfora e sarete risarciti ;-)

pps
Edes in ungherese significa "dolce"

domenica 7 giugno 2015

War & Fury



Hanno l’espressione tesa e gli sguardi persi di chi si è spinto oltre il limite delle proprie forze troppe volte. Volti lividi che hanno dimenticato le emozioni e corpi ridotti a fasci di nervi strizzati nelle divise luride, impregnate di sporco e polvere da sparo. Sono i carristi di Fury, capitanati da Wardaddy – Brad Pitt nel cuore oscuro del nemico nazista: Germania aprile 1945, un mese prima del VE day. La sconfitta è già scritta sul libro della storia, ma gli uomini ancora non lo sanno e continuano a uccidersi e morire. E’ la parte più oscura di questa eclisse della ragione che si chiama guerra: il vento si è portato via le ceneri degli entusiasmi della prima ora e anche le paure e le angosce del battesimo con l’orrore della morte. Quello che resta è la contemplazione della sofferenza, il desiderio di tenerla lontana anche soltanto un minuto in più del tuo nemico: è sopravvivenza.

Detto ciò, il film non mi ha convinto molto. Nell'esposizione c'è disequilibrio: alcune parti prolisse, alcune dilatazioni poco funzionali al racconto, battute ritagliate da libri che dovrebbero dare profondità e invece sembrano medaglie alla memoria. Dei retroscena dei personaggi si dice poco, ci sono spizzichi e parole sfuggite, ricordi strozzati, tutto è giustamente schiacciato sul presente. Eppure sulla via spuntano declamazioni filosofiche, pragmatiche, certo, ma un po' troppo pensate a tavolino per un gruppo di combattenti che la crisi di nervi l'ha passata da un pezzo. 

L’idea – penso – sia quella di farci vedere la guerra attraverso la rapida e brutale formazione di un sostituto. Non è come nelle “comode” camerate di Full metal jacket, il novellino della seconda guerra mondiale sbattuto in prima linea non aveva tutto quel tempo: 8 settimane di addestramento e poi in tutta fretta eccolo a riempire i ranghi di una pattuglia di disperati. Sì perché tali erano i carristi americani: lo Sherman era una modesta caffettiera comparata ai Tiger tedeschi. E’ noto che i carri Usa erano soprannominati “ronson”, perché bastava un colpo (subìto) per buttare fiamme, proprio come diceva la pubblicità degli accendini. La prospettiva di trasformarsi in una torcia ambulante era un incubo ben presente agli equipaggi. 

Il "duello" con il Tiger testimonia in maniera fedele l'esito di un incontro con un simile peso massimo corazzato. Hai soltanto un'arma contro un mostro del genere: il destino. Se la tua ora non è giunta, non è giunta. Non ci sono più speranze, né fortuna, nulla che tu possa fare chiuso in quella scatola di latta, devi soltanto fare il tuo dovere e attendere di vedere se la morte girerà la carta con il tuo nome.
Wardaddy questo sembra averlo capito: già all'inizio del film ti rendi che quest'uomo sfregiato e strapazzato dal dolore ha dato tutto, non gli rimane che il mestiere di uccidere. E quando è costretto a seppellire uno dei suoi, forse viene colto dall'intuizione di un presentimento: la magia è finita. Gli orizzonti dello scontro si sono ristretti: Nord Africa, Normandia, Belgio e ora Germania. Poco spazio di manovra, troppi lupi travestiti da pecore. I margini per la vita sono ridotti a un filo, a una linea tracciata su una mappa attorno ad un incrocio. 

Lo scontro finale, uno sorta di Termopili con artiglieria pesante è poco credibile e, nell’ambientazione in prevalenza notturna, anche poco noioso visivamente parlando. Perplessità anche sulla chiusura che vuol dire non dicendo, lasciando ai cervellotici la corretta interpretazione o il tirare le somme.
C'è chi parla di continuità con Salvate il soldato Ryan, ma non la vedo proprio. Altra narrativa, altre atmosfere. Mi pare - forse - più vicino a Big red one, con il monumentale Lee Marvin. Pitt si è costruito una bella parte, ma mi è parso troppo enfatico nella resa del personaggio. Un soggetto che alla fine non  è ben chiaro se sia il protagonista, perché la scena gliela ruba il racconto stesso, ossia il vuoto della speranza che accompagna la guerra. Detto così Fury potrebbe essere un buon prequel per Germania anno zero.
 
Ps
Tra le pubblicità obbligatorie pre-proiezione ho notato con una certa sorpresa quella di Sky: cinema casalingo on demand. E in una sala cinematografica mi è parso come parlare di corda in casa dell’impiccato. Ma ormai alla pubblicità chi ci bada più...
 

martedì 2 giugno 2015

Per la via, 2015


La scena si svolge su 50 metri di strada. Lui e lei in rotta di collisione sul marciapiede. Avranno vent’anni scarsi e sotto il sole del primo pomeriggio sembrano ancora più giovincelli. 


Lui biondo e bianco latteo, con un paio di calzoncini corti neri ma non attillati. Ancora troppo imberbe per coltivare la peluria dell’hipster, però già indirizzato in tal senso, vista la scelta di tenere la zazzera a fungo. La magliettina rivela un corpo massiccio non ancora appesantito da eccessivi accumuli di grassi. 


Lei indossa una camicetta avorio e un paio di pantaloncini bianchi che fanno volume nelle regioni basse. Ha una bella frangia di capelli castana che il poco vento di giornata stuzzica attirando sguardi. Una figura gentile e occhialuta con un bel passo morbido e spedito, da godere anche senza le scoperture di ancheggiamenti ammiccanti. 


Si avvicinano e non si vedono: il capo chino a consultare i rispettivi smartphone. Persi nei giga e nei mega di mille suggestioni lontane, nelle chat e nei post di amici immateriali. Sembra una candid camera da riproporre a ripetizione sul web. Finiranno per scontrarsi? Si accettano scommesse. I pochi spettatori fisici trattengono il fiato e si irrigidiscono nell’attesa. La risata registrata pronta a scattare. 


Ma lo schianto è sviato. Un silenzioso radar interiore, come una app mentale, avvisa i due giovani naviganti urbani che si sfiorano ampiamente e proseguono la marcia tranquilli, indifferenti. E si rituffano negli schermi dei cellulari. 


Delusione. Oh, ai miei tempi…si sarebbero mangiati…lui non le avrebbe dato tregua…lei lo avrebbe tenuto al guinzaglio. Oggi…oggi solo telefonini. Abbiamo forse assistito alla celebrazione del declino dell’occidente? O ad un mesto rimbambimento tecnologico? Una gioventù che si ignora è forse l’anticamera dell’estinzione di un popolo?


Ma si ignorano davvero? Ecco che il giovane ha un guizzo di spalle, la testa ruota come in cerca di un assist invisibile e la direttrice dello sguardo finisce per calamitarsi alle forme che danzano dentro i calzoncini di lei. Ed è subito un bagliore di speranza.

 

lunedì 1 giugno 2015

Exponte aereo



Alcuni seguidores di Club Zahir indignati lamentano una cantonata nella nostra previsione sui numeri di Expo. La quantità di visitatori denunciata in anteprima non collima con la cifra fornita dall'ammiraglio Pizarro Saltinpadella Sala. Da due milioni a due milioni e 700 mila, la forbice è ben larga. 

Ebbene l'inghippo è presto svelato: la mal digerita anticipazione della chef Julienne Assange è stata affrontata di petto dallo staff comunicazione di Expo che è corso trafelatamente ai ripari nel bar sotto l'uffici e dopo due robusti Negroni e una torta California maki, messi sul conto spese regionale, ha escogitato la soluzione. Un ponte aereo! Seicento Boeing Esselunga special carichi di aiuti umanitari da somministrare a qualche disperata massa di nullatenenti africani o estremorientali terremotati sono stati dirottati negli stabilimenti della Manciuria, svuotati dei generi di prima necessità, e poi ricaricati di migliaia di turnisti delle 22 - 5 (vorrà dire che la Cina avrà un sussulto del pil nella misura dello 0,0001 per cento). 

L'altra sera il grande convoglio aereo ha paracadutato gli operai cinesi su Expo, muniti di biglietti già vidimati. A parte 430 caduti nei canali e nelle vasche (le famiglie saranno indennizzate con biglietti omaggio e il bel calendario dei ministri del Pd) ben settecentomila hanno centrato l'obiettivo. Alcuni sfondando coperture e vetrate minori, altri adagiandosi sui coni delle gelaterie mobili e dj set. Gli sfortunati parà rimasti appesi all'albero della vita, scambiati per una performance di danza verticale e quindi molto applauditi e taggati, sono stati lasciati lì fino alla mattina. Fu più compassionevole il tenente colonnello Vandevoort del 505 ne Il giorno più lungo. Ma Expo è implacabile: eresia di una vita, nitrire per la pineta.
 

sabato 30 maggio 2015

Expo na cifra


Grazie ad una soffiata di Julienne Assange, la chef sovversiva che è stata alla ribalta per aver rivelato il progetto della salsa tonnata Mc Donald, siamo in grado di offrirvi in anteprima i primi dati sulle presenze Expo. Anticipiamo così le dichiarazioni del premier Ratteo Menzi che il 2 giumbolo (nuovo calendario performante) sarà di nuovo a calcare le suole sulle spanate dell’esposizione universale meneghina. 

E’ noto che in tale occasione – coincidente con la festa della Repubblica fondata sul lavoro liquido e i diritti curvilinei – il premier lancerà il suo: ULTIMATUM DAL PIANETA EXPO!

Ma prima del messaggio a reti ammortizzate ecco la cifra totale che, alla faccia dei gufi e dei gatti di vicolo miracoli, ammonta alla bellicosa cifra DUE MILIONI di visitatori (tacco più barba meno).

 

E le presenze sono così suddivise:

Uomini, donne e gender vari: un milione e 700mila

Di cui:

Orda d’oro con omega 3

Valanghe azzurre con due ori e un bronzo

Ordine della giarrettiera slacciata

Ordine dei cataplasmi all’eucalipto

Sultanini del Brunei

Portatori di pizzo

Dopo lavoro del Sichuan

Alfani-Centauriani (due Ufi con aria condizionata)

Rom: 4 k

Ram: 4 giga

Gitani: 2

Gitanes: 16 pacchetti

Zanzare tigre: 10.738

Tigri della Malesia: 1

Formiche: 200 mila

Portaformiche: 32

Millepiedi: 47

Passeriformi e gazze varie: 17.543

 

Presenze immateriali:

Poltergeist: 4

Spirito con la scure: 1

Fantasmi dell’opera: 2

 

Presenze ipotetiche

Civiltà neutriniche: 3.07 * 21,76°

Uomini e donne invisibili: 3

Gatti invisibili: 4

Soviet dei batteri: 1

Satrapi viaggianti: 5

Reincarnazioni del Budda: :=)

 

 

Impresentabili: 13

 

domenica 24 maggio 2015

Narcosostenibilita'


Sono appena uscito dal padiglione Narcos a Expo 2015. Bella gente, belle novità e tanti miti da sfatare, tante fate da sniffare. Vi do una breve infarinatura. All’ingresso, accolti da un cordiale “bienvenidos, hijos de puta” proferito dalla statua a grandezza innaturale di Pablo Escobar, si viene introdotti in un ambiente di varia urbanità col sottotitolo: spaccati di vita, spacciati a vita e vite spacciate. 

Accompagnati da un’ineffabile orchestrina di opulenti e ululanti mariachi da punta si parte subito alla grande con la stuzzichevole pensata dei selfie con le teste mozzate del cartello di Tijuana, che fa tanto biennale di Caracas ma ci sta. Per acclimatarsi al percorso espositivo si viene investiti da getti d’aria torrida tropicale dalle polveri non troppo sottili sotto luci strappate da una città che non dorme mai. Tanta cura nei dettagli, dai machete chiazzati sangue che indicano la via, alle sagome dei cadaveri che rivelano le postazioni migliori per godersi le installazioni, ovunque è un penzolare di nastri "no trespassing", "police confidential", "perro maldito" come liane per un Tarzan in calo di dopa. 

La mostra fotografica in 3D sui cocaleros è d’impatto, soprattutto per il connesso odorama: sapidi fumi di benzina, l’effluvio putrefatto del sottobosco amazzonico mischiato allo chanel privè dei pestadores, che macinano chilometri sudando sulla pasta di coca come fosse un tapis roulant. Più in là ci si può infilare in un mini sottomarino, autoprodotto in plastica di pedalò romagnolo rimodellata, per buggerare la rete radar statunitense e consegnare carichi di "biancaneve" degni di Ataualpa o forse qualche altro dio, destinati alle narici degli arrotolatori di biglietti da cento dolares. 

Non poteva mancare un omaggio all'immaginario più hollywoodiano del traffico immacolato nella persona di Al Pacino/Scarface presa nello sfavillio delle stroboscopiche e del bagnasciuga della disco anni '70 e proiettata sul soffitto in formato 16:9. Anche la cultura narcotica strizza l'occhio al japan pop ed ecco che la tecnica dei murales di Rivera si fonde con le onde di Hokusai per dare vita alla leggenda di Calì e Medellin, due gemelli che cercano di domare il serpente della polvere bianca che divora l'Occidente. Le copertine shock di Alarma! - ricche di perforazioni craniali ed eccessi stupefacenti - ci conducono nel calderone del far west messicano che ancora oggi fa girare le lancette del body count come le pale di un ventilatore infernale. Lampi di guerriglia tossica dal Brasile al Guatemala e un blob televisivo con le buffe dichiarazioni bushiane sul pugno duro anti droga abbinate ai sottopancia con l'elenco dei compromessi e delle connivenze, fanno da paravento all'ampio e inspirato spazio degustazione. Più piste di quante ne abbia mai prodotte la Polistil, varietà estremamente raffinate servite con posateria argentata fiorentina e leziosi specchietti da borsetta e da giacca armanizzata. L'accessoristica sfocia nella gadgettistica  quando scopri le pipette di Krizia, le stagnole virate acido di Pucci e set di cannucce Fiorucci che fanno invidia alle botteghe di ashi da sushi. Mentre i mariachi prendono fiato tracannando tequile col vermouth, le selezioni di miss e mister Bogotà vi servono il rinfresco su strisce binarie che vi farà fare ciuf ciuf sull'intera cordigliera andina fino ad una virtuale villeggiatura in quel di Macchu Picchu. Non siate ingordi, moderate le aspirazioni e potrete godervi il rap di Ramaya, i sacrifici degli alunni del Sole, il surf coi Beach Boys e una discesa bondiana sulle nevi di St. Moritz. E poi conversazioni ipotetiche con Oliver Stoned, scambi di palleggi rasoterra e a fil di linea del Pibe, caleidoscopiche passerelle di top sul binario del pop ma guardando allo chic di un hip coi suoi killer tic.
Per i più temerari c'è la saletta coca zero gravity, sperimentata da astro addicts come i Fantasmici 4. Ma occorre la prenotazione o almeno un seggio in consiglio regionale.

Direi che l'assaggio rende divertente anche il corner videogame vintage dal titolo "One more for the glory of the hole": un colorato arcade in Atari style che vi mette di un corriere allegro per niente con tanti ovuli in pancia e pochi posti dove scaricare. Trascorso un tempo non misurabile in frenetiche attività sensoriali e logorroiche che vi lasciano il cervello tipo meringa di gesso e il fisico ben asciutto e teso a budello di lemmings venite guidati dall'orchestrina al gate del commiato, dove sventolano fazzoletti per le epistassi, penzolano ridenti scheletri di zucchero dei confidenti troppo confidenti e zucche sforacchiate da calibri di fucili d'assalto. Qualunque varianza del meteo vi attenda oltre la soglia del Narco padiglione, di sicuro non vi farete caso, l'eco dell'ultimo corridos vi strapperà almeno una lacrima.

Ah, quasi dimenticavo, all’uscita vengono regalate pratiche bottigliette di "Enjoy coca no cola" da  15 cl che è altamente consigliabile tenere lontane dai cani della Finanza